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Responsabilità degli amministratori e obiettivi di sostenibilità28 October 2021

Obiettivi di sostenibilità e vita societaria

Se il perseguimento dello sviluppo sostenibile è ormai un imperativo per gli Stati, si può verificare quanto determinati obiettivi possano avere un impatto anche sull’operato delle singole aziende e dei relativi organi gestori in diritto italiano.

Pur essendo quello sulla responsabilità sociale dell’impresa un dibattito ormai datato, la rilevanza giuridica (non solo quindi a livello di soft law) di questi profili all’interno della vita societaria è abbastanza recente.

Alcuni interventi normativi hanno, infatti, introdotto il concetto di sostenibilità nella gestione della società, sia pure sotto un profilo essenzialmente informativo e solo per determinate imprese; tra questi si rammenta:

(i) il d.lgs. n. 254 del 2016 di recepimento della dir. 2014/95/UE sull’informazione non finanziaria, con cui viene imposto alle società di grandi dimensioni, qualificate come enti di interesse pubblico rilevanti, di redigere e pubblicare la cosiddetta “dichiarazione di carattere non finanziario”, che dovrà contenere informazioni relative ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione. Si tratta di regole vincolanti per la società e gli amministratori, accompagnate da sanzioni per mancate o imprecise informazioni al mercato;

(ii) la dir. 2017/828/UE sui diritti degli azionisti, trasposta nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 49 del 2019 (la ”Shareholders Rights 2”) che, con riferimento alle politiche di remunerazione di amministratori e management, prevede l’obbligo di dare evidenza del collegamento di tali politiche con la “strategia aziendale, gli interessi di lungo termine e con la sostenibilità della società”.

"Gli obiettivi connessi alla sostenibilità potrebbero assumere rilevanza ancor maggiore ove venga terminato l’iter di approvazione della proposta di Direttiva del 21 aprile 2021 (la “Direttiva”) che modifica la Direttiva 2013/34/UE, la Direttiva 2004/109/CE, la Direttiva 2006/43/CE e il regolamento (UE) n. 537/2014 per quanto riguarda la comunicazione societaria sulla sostenibilità."

Gli obiettivi connessi alla sostenibilità potrebbero assumere rilevanza ancor maggiore ove venga terminato l’iter di approvazione della proposta di Direttiva del 21 aprile 2021 (la “Direttiva”) che modifica la Direttiva 2013/34/UE, la Direttiva 2004/109/CE, la Direttiva 2006/43/CE e il regolamento (UE) n. 537/2014 per quanto riguarda la comunicazione societaria sulla sostenibilità. Nelle premesse si legge “il miglioramento dei dati comunicati dalle imprese riguardo ai rischi di sostenibilità a cui sono esposte e all’impatto che esse producono sulle persone e sull’ambiente è essenziale per l’efficace attuazione del Green Deal europeo e del piano d’azione sulla finanza sostenibile. Rendendo le imprese più responsabili e trasparenti per quanto riguarda il loro impatto sulle persone e sull’ambiente, la presente proposta può inoltre contribuire a rafforzare le relazioni tra il mondo imprenditoriale e la società. La proposta è inoltre destinata a creare opportunità per le imprese, gli investitori, la società civile e altri portatori di interessi al fine di migliorare in maniera radicale il modo in cui le informazioni sulla sostenibilità sono comunicate e utilizzate grazie alle tecnologie digitali.

Ancora “nel suo piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, la Commissione indica misure volte a realizzare i seguenti obiettivi: riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva, gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali nonché promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie. La divulgazione, da parte delle imprese, di informazioni pertinenti, comparabili e affidabili sulla sostenibilità è condizione preliminare per la realizzazione di tali obiettivi.”

La Direttiva, pertanto, va nella direzione di un rafforzamento degli obblighi informativi, prevedendo – inter alia – un’integrazione della Direttiva 2013/34 UE relativa ai bilanci di esercizio e ai bilanci consolidati con una indicazione dettagliata delle informazioni da fornire, tra cui: una descrizione del modello e della strategia aziendali dell’impresa, che indichi la resilienza ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità e le opportunità per l’impresa connesse alle questioni di sostenibilità; una descrizione degli obiettivi di sostenibilità e del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità; una descrizione delle politiche dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità, delle procedure di dovuta diligenza applicate in relazione alle questioni di sostenibilità; una descrizione dei principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità.

Si tratta, pertanto, di un testo che introduce in maniera dettagliata una serie di obblighi informativi sugli obiettivi connessi alla sostenibilità, ampliando anche la sfera dei destinatari, attraverso l’applicazione degli stessi alle piccole e medie imprese, purché quotate, a partire dal 2026.

Corporate governance e sostenibilità

Le norme sopra richiamate invitano ad una riflessione su come le questioni della sostenibilità possano incidere sui compiti degli amministratori.

Su questo tema, un’utile analisi è stata svolta da Assonime nello studio del 2021 “Doveri degli amministratori e sostenibilità”, la quale conclude sostenendo l’opportunità di una Raccomandazione europea che chieda agli Stati membri di assicurare che i relativi ordinamenti nazionali:

  • riconoscano il dovere fiduciario degli amministratori delle imprese di grandi dimensioni di tener conto della sostenibilità ambientale e sociale dell’attività d’impresa nel perseguimento della creazione di valore a lungo temine, come già affermato nel nuovo Codice italiano sulla Corporate Governance per le società quotate;
  • affidino agli amministratori il compito di ponderare gli interessi deglistakeholder rilevanti nell’ambito della loro responsabilità gestoria;
  • salvaguardino l’esclusiva responsabilità dei soci di agire per la violazione dei doveri fiduciari, anche in funzione dell’adeguata considerazione degli interessi degli stakeholder.

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"Il richiamato codice della Corporate governance, adottato il 3 novembre 2020 dal Comitato della Corporate Governance relativo alle società quotate conferisce, infatti, un ruolo di particolare rilievo alla sostenibilità, introducendo il concetto di 'successo sostenibile'."

Il richiamato codice della Corporate governance, adottato il 3 novembre 2020 dal Comitato della Corporate Governance relativo alle società quotate (che possono adottarlo su base volontaria a partire dall’esercizio 2021), conferisce, infatti, un ruolo di particolare rilievo alla sostenibilità, introducendo il concetto di “successo sostenibile” definito come l’“obiettivo che guida l’azione dell’organo di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”.

Ci si può chiedere, tuttavia, se – in assenza di specifiche normative – vi sia attualmente spazio per andare oltre le regole di soft law e si possa parlare di una effettiva responsabilità degli amministratori per mancato perseguimento degli obiettivi di sostenibilità.

Spunti di riflessione sulla responsabilità degli amministratori

Come è noto, la responsabilità degli amministratori è governata dalla consolidata regola giurisprudenziale della business judgement rule, con cui si sancisce la discrezionalità delle scelte gestionali degli amministratori, a cui non potrà mai essere imputata alcuna responsabilità per il solo fatto che, per effetto delle stesse, sia derivato l’insuccesso economico della società amministrata.

Quel che viene richiesto agli amministratori è di compiere scelte informate e meditate, frutto di un rischio calcolato e non di negligente improvvisazione. Il profilo, pertanto, sindacabile dal giudice è quello relativo all’adozione di scelte ponderate, sulla base di una valutazione ex ante, al momento del compimento dei singoli atti, in relazione a tutte le circostanze del caso, non quello connesso al mancato raggiungimento di determinati obiettivi, ove non vi siano atti o omissioni frutto di negligenza e superficialità.

In questo contesto – salve le ipotesi di specifiche violazioni normative (quali quelle in materia di obblighi informativi) – sembra difficile ipotizzare che il riconoscimento di una valenza anche giuridica alle questioni di sostenibilità possa condurre a censurare la condotta dell’amministratore, laddove determinati obiettivi non siano raggiunti; si può tuttavia certamente ritenere che la cura degli interessi di carattere non finanziario debba essere considerata nel valutare la diligenza di un amministratore nello svolgimento delle proprie funzioni.

"Se quindi, ad oggi, pare difficile sostenere che la sostenibilità abbia un impatto immediato sulla responsabilità degli amministratori, appare però chiaro come vi siano numerosi indici che comportano una valutazione del perseguimento degli obiettivi non finanziari nell’esame della condotta dell’organo gestorio."

Ciò detto, occorrerà verificare se si possa ritenere che la sostenibilità sia parte dello scopo sociale, o quest’ultimo debba ritenersi ad oggi ancora connesso esclusivamente alla creazione di valore per i soci. Allo stato attuale – in assenza di espliciti riferimenti agli obiettivi di sostenibilità nell’oggetto sociale – sembra difficile negare che il fine dell’attività degli amministratori rimanga quello del perseguimento di un utile da distribuire ai soci. Conseguentemente, pare difficile ipotizzare un pregiudizio (elemento essenziale di un’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore), laddove una condotta anche negligente dell’amministratore in materia di sostenibilità non provochi un pregiudizio che si rifletta sul patrimonio della società, sia pure, sotto forma di perdita di chances (es. perdita di possibili investimenti), o lesione della reputazione aziendale.

Collegato a questo aspetto è quello dei soggetti legittimati ad agire nei confronti degli amministratori. La responsabilità di questi ultimi opera nei confronti della società, dei soci e dei creditori; è pertanto necessario che l’eventuale mancata diligenza nei confronti degli interessi degli altri stakeholders coinvolti provochi un pregiudizio direttamente nella sfera dei soggetti sopra indicati che diversamente non avrebbero interesse ad agire.

Se quindi, ad oggi, pare difficile sostenere che la sostenibilità abbia un impatto immediato sulla responsabilità degli amministratori, appare però chiaro come vi siano numerosi indici che comportano una valutazione del perseguimento degli obiettivi non finanziari nell’esame della condotta dell’organo gestorio. Il tema, peraltro, è in continua evoluzione e dovrà essere preso in adeguata considerazione sia da parte delle società nel configurare la propria corporate governance, sia da parte degli amministratori nello svolgimento dei propri incarichi.

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