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"Il potere di direzione e controllo può essere esercitato mediante sistemi digitali integralmente automatizzati."
Filmato su YouTube valida prova per il licenziamento disciplinare
Il comportamento violento di un lavoratore filmato da un utente di YouTube e pubblicato sul social è giusta causa di licenziamento. Il video postato sul canale social fa piena prova della condotta illecita del dipendente e giustifica l’irrogazione della sanzione espulsiva da parte del datore di lavoro. Nella fattispecie, l’autista di un autobus del servizio pubblico aveva avuto un alterco con il conducente di un’auto e ad un certo punto il conducente dell’autobus aveva virato verso il bordo della carreggiata dove il conducente della vettura sostava, facendolo cadere a terra. Il conducente si era rialzato ed aveva aggredito il conducente del bus. Questa scena è stata filmata da un utente del social che ha pubblicato il video su YouTube. Per la Cassazione il filmato è prova della condotta violenta dell’autista e conferma la validità del licenziamento per giusta causa.
Cass. 28/06/2023 n. 18518
Controllo illimitato della posta elettronica aziendale viola il Regolamento UE sul trattamento dei dati
Il controllo illimitato della posta elettronica aziendale in uso al dirigente costituisce una ingiustificata violazione dei basilari diritti di dignità e corrispondenza presidiati non solo dalle norme dello Statuto dei Lavoratori, ma anche dalla disciplina sul trattamento dei dati personali. Il tracciamento “ex post” della mail può essere svolto in presenza di un ragionevole sospetto che il dirigente abbia compiuto azioni illecite contro il patrimonio aziendale. Questa condizione non è, tuttavia, sufficiente e il datore di lavoro deve garantire che il controllo retrospettivo della mail avvenga nel rispetto delle regole sul trattamento dei dati personali previste Regolamento UE 2016/679 e del Codice della privacy. La legittimità del tracciamento della posta elettronica presuppone, tra l’altro, che il datore abbia trasmesso al dirigente l’informazione preventiva sul trattamento (strumenti utilizzati, finalità, periodo di conservazione, diritti dell’interessato, etc.) ed abbia, altresì, effettuato il trattamento rispettando i principi di minimizzazione e di proporzionalità. Il controllo illimitato sulla posta dei dipendenti, quand’anche sorretto da un ragionevole sospetto di illeciti, si pone in violazione di queste previsioni e le prove raccolte non sono utilizzabili per giustificare il licenziamento irrogato al dirigente.
Cass. 26/06/2023 n. 18168
Elezione e designazione degli RLS nelle aziende multilocalizzate
Nelle aziende multilocalizzate, con diverse unità produttive su tutto il territorio nazionale, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza devono essere designati o eletti in ciascuna unità produttiva che costituisca uno stabilimento o una struttura finalizzata alla produzione di beni o all’erogazione di servizi e che sia dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale. Il D.lgs. n. 81/2008 (T.U. sulla Sicurezza) prevede, infatti, espressamente che debba essere designato o eletto un numero minimo di RLS in ciascuna azienda o unità produttiva e che tale numero debba essere determinato sulla base del numero di dipendenti impiegati in ciascuna azienda o unità produttiva. Occorre precisare che i contratti collettivi possono disciplinare il numero (che, in ogni caso, non può essere inferiore al minimo previsto dalla legge) e le modalità di designazione o di elezione degli RLS, nonché l’eventuale obbligo datoriale di versare agli RLS una retribuzione e fornire loro gli strumenti per l’espletamento delle loro funzioni.
Ministero del Lavoro, Risposta a interpello 22/06/2023 n. 4
Non rivelare le informazioni sul sistema decisionale automatizzato è condotta antisindacale
La società che utilizza sistemi di monitoraggio e decisionali integralmente automatizzati e omette di informare le organizzazioni sindacali, che ne hanno fatto richiesta, sui meccanismi di funzionamento del sistema informatizzato è responsabile di condotta antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori. Le imprese che utilizzano i sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati in cui è escluso l’intervento della persona, perché la fase finale del processo decisionale o di monitoraggio è gestita interamente dalla macchina, hanno l’obbligo di condividere le informazioni previste dall’art. 1-bis del D.Lgs. 152/1997, così come introdotto dal Decreto Trasparenza (art. 4 D.Lgs. 104/2022) e successivamente modificato dal Decreto Lavoro (art. 26 D.L. 48/2023), con la rappresentanza sindacale interna (RSA/RSU) o le associazioni sindacali che ne facciano richiesta. Il rifiuto di adempiere compromette l’esercizio dell’attività sindacale da parte dei rappresentanti dei lavoratori, integrando a tutti gli effetti un comportamento antisindacale. Sono, tuttavia, esclusi dall’obbligo informativo i dati coperti da segreto industriale o commerciale, tra cui i codici sorgente e le formule matematiche utilizzate per la realizzazione della piattaforma.
Trib. Palermo, Giudice Marino, 20/06/2023
Dirigente demansionato e regime di tutela contro il licenziamento illegittimo
Sono “pseudo-dirigenti” i lavoratori inquadrati nella categoria dirigenziale solo formalmente, svolgendo di fatto mansioni incompatibili con i tratti di autonomia decisionale e capacità di imprimere un indirizzo sulla gestione dell’impresa, che sono un tratto essenziale della figura di dirigente. Gli “pseudo-dirigenti” non ricadono nel regime di libera recedibilità che contraddistingue il rapporto di lavoro dei dirigenti e in caso di licenziamento illegittimo si applicano ad essi le tutele previste dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Lo stesso principio non si applica, tuttavia, al dirigente che abbia inizialmente svolto compiti propri di questa categoria ed in una seconda fase, per effetto di demansionamento, sia stato trasformato in uno “pseudo-dirigente”. In tal caso, è esclusa l’applicazione del regime di tutela reale e al dirigente demansionato, a fronte di un licenziamento invalido, competeranno unicamente le tutele indennitarie previste dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.
Cass. 08/06/2023 n. 16208
Dimissioni durante la maternità della colf e diritto all’indennità di disoccupazione Naspi
L’indennità di disoccupazione “Naspi” spetta (anche) alle lavoratrici domestiche che hanno reso le dimissioni durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità. Benché l’ordinamento nazionale non preveda espressamente il diritto alla disoccupazione in caso di dimissioni rese dalla colf durante la maternità, l’accesso all’assegno Naspi deve essere riconosciuto per evitare il prodursi di una discriminazione rispetto alle lavoratrici madri impiegate in settori differenti. Inoltre, il diritto all’indennità di disoccupazione Naspi si evince indirettamente dalla previsione del CCNL Lavoro domestico per cui sussiste il divieto di licenziamento fino al compimento dei primi tre mesi di vita del bambino. Poiché tale previsione è prevista anche dal Testo unico sulla maternità (D.Lgs. n. 151/2001), che al divieto del licenziamento nel periodo protetto associa il diritto all’indennità di disoccupazione in caso di dimissioni rese nel medesimo periodo, ne discende che anche alle lavoratrici domestiche, in caso di dimissioni durante la maternità obbligatoria, compete l’assegno Naspi.
Trib. Lodi, Giudice Manfredi, 30/05/2023
Incompatibile con il diritto UE la norma nazionale che vincola gli aiuti di stato al CCNL di settore
Le norme dell’ordinamento italiano che impongono ad un operatore straniero di applicare le condizioni retributive previste nel contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) stipulato dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, allo scopo di beneficiare di compensazioni subite per il lockdown durante la pandemia, sono incompatibili con il diritto dell’Unione Europea (UE). Gli aiuti di stato competono anche se l’operatore straniero non applica il contratto collettivo nazionale di lavoro considerato “leader” del settore, in quanto la norma che impone di applicare i minimi retributivi del CCNL di settore costituisce una restrizione discriminatoria della libera prestazione di servizi. Sulla scorta di questo principio è stata annullata la decisione della Commissione europea che aveva respinto il ricorso di un vettore aereo straniero contro la normativa italiana che limitava il riconoscimento degli aiuti di stato durante la pandemia alle imprese che applicavano il CCNL comparativamente più rappresentativo del settore aereo.
Trib. Unione Europea 24/05/2023 (causa T-268/21)
Compiuta giacenza della raccomandata dell’Ispettorato insufficiente per sanzione penale
La notifica della raccomandata per compiuta giacenza da parte dell’Ispettorato del Lavoro, che chiede al datore di lavoro informazioni sul rispetto degli obblighi in materia di gestione del personale (art. 4, Legge 628/1961), non è sufficiente per l’irrogazione della sanzione in caso di omessa risposta. La sanzione presuppone, infatti, che il datore di lavoro abbia preso effettivamente conoscenza del contenuto della raccomandata e la compiuta giacenza non è idonea ad offrire la prova della materiale visione del documento. L’effettiva conoscenza della richiesta di informazioni va ritenuta necessaria, perché è fonte diretta dell’obbligo sanzionato penalmente.
Cass., sez. penale, 12/04/2023 n. 15237
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