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"Il regolamento aziendale consente di gestire i picchi di lavoro in alcuni periodi dell’anno attraverso un regime orario 'multi-periodale'."
Inadeguatezza della prestazione e complessità degli apparati informatici aziendali
L’inadeguatezza della prestazione resa dalla lavoratrice e il mancato raggiungimento dei risultati attesi dal datore di lavoro non sono indice di negligenza professionale, laddove sia emerso che la lavoratrice si era attivata per eseguire le mansioni ed aveva richiesto il supporto dei referenti esterni. Ad escludere la condotta negligente per il mancato raggiungimento dei risultati concorrono la complessità del sistema informatico datoriale, da mettere in rapporto con le inadeguate competenze digitali della lavoratrice, ed il malfunzionamento del computer in dotazione. Da quanto sopra deriva che, se anche nel comportamento ascritto alla lavoratrice dovesse rinvenirsi un inadempimento nella sua materialità, esso risulterebbe privo di rilevanza sul piano disciplinare. L’inadeguatezza della prestazione non è imputabile, infatti, ad una condotta negligente della lavoratrice e manca, dunque, l’elemento della illiceità nell’evento posto a fondamento dell’azione disciplinare. Alla declaratoria di illegittimità del licenziamento consegue la reintegrazione sul posto di lavoro ex art. 18 Stat. Lav.
Cass. (ord.), 16/01/2024 n. 1604
Diritto alla monetizzazione delle ferie arretrate
Il versamento dell’indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute al termine del rapporto di lavoro non può essere escluso da una norma di legge per esigenze di finanza pubblica. È incompatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che impedisca il versamento ai lavoratori receduti volontariamente dal rapporto di lavoro di un’indennità economica sostitutiva dei giorni di ferie maturati e non goduti. Una tale normativa nazionale contrasta con la Direttiva UE sull’orario di lavoro, per la quale in caso di mancato godimento delle ferie esse debbano essere monetizzate al lavoratore all’atto della interruzione del rapporto. Deve essere, pertanto, disattesa la disciplina dell’art. 5, comma, 89, del Decreto-Legge 95/2012 (c.d. Decreto Spending Review) nella parte in cui, per esigenze di contenimento della spesa pubblica, nega il diritto dei pubblici dipendenti alla monetizzazione delle ferie maturate e non godute a seguito della risoluzione volontaria del rapporto. Fa eccezione a questa regola il caso in cui il dipendente non abbia fruito delle ferie deliberatamente, perché solo in questa ipotesi risulta escluso il diritto all’indennità sostitutiva.
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 18/01/2024, C-218/2022
Disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico
È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il Decreto-Legge 18 gennaio 2024, n. 4, che prevede disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico. Il provvedimento rafforza alcune misure già introdotte a tutela della continuità produttiva e occupazionale delle aziende in crisi, con garanzie di trattamenti di integrazione salariale straordinaria in costanza di lavoro, anche durante l’eventuale amministrazione straordinaria. In forza del Decreto le imprese che gestiscono uno stabilimento industriale strategico e hanno in corso piani di riorganizzazione non ancora completati (per la loro complessità) possono usufruire della prosecuzione, senza soluzione di continuità, dell’erogazione del trattamento di integrazione salariale straordinario al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il patrimonio delle competenze dell’azienda.
Decreto – Legge 18/01/2024, n. 4
Codice di autodisciplina di imprese responsabili in favore della maternità
È stato varato dal Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità il “Codice di autodisciplina di imprese responsabili in favore della maternità” nel quale sono indicate le linee guida per i datori di lavoro che intendano attuare politiche a sostegno della natalità e della parità di genere.
Il Codice propone misure di intervento datoriale nei seguenti ambiti:
(i) continuità di carriera delle madri (ad esempio, mediante attività di informazione sui periodi di astensione, formazione sul benessere psico-fisico e analisi di gender pay gap che neutralizzino i periodi di astensione);
(ii) prevenzione e cura dei bisogni di salute (ad esempio, campagne di prevenzione e screening, assistenza sanitaria integrativa);
(iii) adattamento di tempi e modi di lavoro (ad esempio, periodi di congedo e aspettativa aggiuntivi, flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita, part-time, smart-working, asili nido e copertura spese prima infanzia).
Le imprese “socialmente responsabili” per la maternità possono aderire, su base volontaria, sottoscrivendo il Codice, e inoltrando il documento firmato all’indirizzo e-mail imprese.responsabili@governo.it, oltre ad una lettera di intenti, contenente le indicazioni delle buone pratiche poste in essere.
Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, 6/11/2023
Licenziamento per inidoneità totale e miglioramento dello stato di salute del lavoratore
È illegittimo il licenziamento per totale inidoneità lavorativa accertata circa due anni prima della comunicazione del recesso, laddove siano successivamente venute meno le problematiche di salute del lavoratore che avevano fondato la dichiarazione di inidoneità lavorativa totale. Inoltre, la mancata impugnazione da parte del lavoratore dell’esito della visita di accertamento dell’inidoneità lavorativa non può essere interpretata come acquiescenza al licenziamento. Invero, l’impugnazione del giudizio medico è necessaria, ai fini della contestazione dei presupposti del licenziamento, solamente nell’ipotesi in cui le problematiche di salute poste alla base dell’inidoneità permangano alla data del recesso. All’illegittimità del licenziamento consegue la reintegrazione del lavoratore.
Cass., 17/01/2024 n. 1794
Tutela del lavoratore “care giver” contro le discriminazioni
La Corte di Cassazione si è domandata se al lavoratore “care giver” di un familiare minore con disabilità grave competano le stesse tutele contro le discriminazioni indirette riconosciute al lavoratore disabile. Il caso affrontato è relativo a una dipendente che, allo scopo di poter accudire il figlio disabile, ha chiesto l’adibizione ad un turno fisso, negato dal datore di lavoro. La Cassazione osserva che non è direttamente applicabile la Direttiva 2000/78/Ce sulle tutele ai lavoratori disabili, perché essa si estende ai “care giver” solo per le discriminazioni dirette, ma non in caso di discriminazioni indirette. Per tale ragione, la Corte di Giustizia è investita del quesito se le tutele previste per il lavoratore disabile siano da intendersi estese ai lavoratori che, pur non essendo essi stessi disabili, assistono un familiare in condizione di disabilità grave. Alla Corte UE è stato, inoltre, chiesto di precisare la definizione di “care giver”, chiarendo se essa ricomprenda, in senso più ampio o più circoscritto, qualunque soggetto, appartenente alla cerchia familiare o convivente di fatto, che presti cura continuativamente e in via esclusiva ad una persona disabile grave e non autosufficiente.
Cass. (ordinanza interlocutoria), 17/01/2024 n. 1788
Respinta la censura di incostituzionalità del (solo) rimedio risarcitorio per i licenziamenti collettivi in regime di tutele crescenti
Non è contraria ai principi costituzionali la disciplina sanzionatoria contro i licenziamenti collettivi illegittimi per violazione dei criteri di scelta introdotta dal Decreto Legislativo 23/2015 (cd. Decreto sulle tutele crescenti). La previsione di una indennità risarcitoria fissata sino ad un massimo di 36 mensilità non si pone in contrasto con il canone di necessaria adeguatezza del risarcimento e si precisa che la misura sanzionatoria (art. 3, commi 1 e 10) realizza un adeguato contemperamento dei contrapposti interessi in conflitto. Né contrasta con il principio di eguaglianza un trattamento sanzionatorio differenziato (tra art. 18 Statuto dei Lavoratori, da cui discende il reintegro, e art. 3 Decreto Legislativo 23/2015 da cui discende unicamente un indennizzo risarcitorio) applicato alla stessa fattispecie (ovvero: violazione dei criteri di scelta nei licenziamenti collettivi), ma in momenti diversi sul piano temporale, in quanto il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche.
Corte Costituzionale, 22/01/2024 n. 7
Nullità del contratto a termine e indicazione specifica della causale
Costituisce regola generale, quanto alla stipula dei contratti a tempo determinato, l’obbligo di indicare la ragione giustificatrice dell’apposizione del termine di durata, la cui enunciazione deve essere specifica. Richiedendo al datore di lavoro l’indicazione delle “specifiche ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, la norma di legge (D. Lgs. 368/2001) ha introdotto un onere di indicazione della “causale” sufficientemente dettagliata e circostanziata con riferimento al contenuto e alla sua dimensione spazio-temporale. L’onere di specificazione della causale è funzionale ad assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni e la sua violazione comporta la nullità del termine apposto al contratto di lavoro. Il principio espresso dalla Suprema Corte si adatta al nuovo impianto normativo sui contratti a termine, laddove è previsto che, in assenza di causali dei contratti collettivi, il contratto a termine può essere stipulato (fino al 30 aprile 2024) per “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”.
Cass. 11/01/2024 n. 1244
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