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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia15 February 2024

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Le esigenze di ricorso al contratto a termine devono essere specificate in modo analitico."

Datore di lavoro responsabile per violazione delle norme sulla sicurezza con ambiente stressogeno
È illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno che causi un danno alla salute dei lavoratori. In applicazione di tale principio, anche qualora sia accertata l’insussistenza del mobbing sulla base del quale il lavoratore domandi il risarcimento del danno, non può essere automaticamente esclusa la responsabilità del datore di lavoro per violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Ricorrendo tale ipotesi, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno qualora, da un lato, il lavoratore dimostri la sussistenza del danno e il nesso causale con l’ambiente stressogeno di lavoro e, dall’altro lato, il datore di lavoro non dimostri di aver adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, era possibile adottare a tutelare l’integrità psico-fisica e della personalità morale del lavoratore.
Cass. (ord.) 12/02/2024 n. 90

Nuovi valori per il calcolo del “ticket di licenziamento”
A fronte di ogni ipotesi di licenziamento (ad eccezione di casi specifici come il licenziamento per fine cantiere e quello dei lavoratori sportivi) il datore di lavoro è tenuto al versamento di un contributo (“ticket di licenziamento”). L’Inps ha comunicato che il massimale NASpI per il calcolo del contributo nel corrente anno 2024 è stato fissato ad €1.550,42. Nel suo messaggio, l’Inps ribadisce che l’importo del contributo varia in relazione alla durata del rapporto di lavoro ed è rideterminato in proporzione se la durata è inferiore a dodici mesi. In dettaglio, l’importo del contributo è pari al 41% del massimale per ogni anno di anzianità (ossia, dal 2024, €635,67) fino ad un massimo di tre anni (ovvero, €1.907,02). La soglia del contributo si incrementa per i licenziamenti collettivi e il messaggio Inps fornisce i dettagli in base al nuovo massimale NASpI da prendere a base di calcolo del “ticket di licenziamento”.
INPS, Messaggio 07/02/2024 n. 531

Invito datoriale a riprendere servizio e cessazione del rapporto
L’art. 18, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che, a seguito dell’ordine giudiziale di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto se il lavoratore non abbia ripreso servizio entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro. La norma va interpretata nel senso che, laddove il datore di lavoro abbia invitato il lavoratore a riprendere il proprio posto di lavoro assegnando un termine inferiore ai 30 giorni e il lavoratore non vi abbia ottemperato, il rapporto di lavoro si considera definitivamente cessato solo alla scadenza del trentesimo giorno. Il risarcimento del danno che il datore, ai sensi del medesimo art. 18, è tenuto a riconoscere al lavoratore con riferimento all’intervallo non lavorato, in caso di mancata ripresa del servizio, arriva fino alla scadenza del trentesimo giorno dall’invito, spirato il quale il rapporto si intende definitivamente cessato.
Cass. (ord.) 05/02/2024 n. 3264

Ribassamento del costo della manodopera negli appalti pubblici
Negli appalti pubblici occorre indicare nell’offerta economica i costi della manodopera, pena l’esclusione dalla gara, mentre una loro quantificazione troppo bassa può determinare una verifica di anomalia dell’offerta (art. 41, co. 14 e 109, co. 9, D.Lgs. n. 36/2023). Il TAR Toscana, secondo una lettura costituzionalmente orientata della predetta norma, ha affermato che l’operatore economico può ribassare il costo della manodopera rispetto a quanto stimato dalla stazione appaltante nel disciplinare di gara, laddove dimostri che la scelta, nell’esercizio della propria libertà di iniziativa economica e di impresa, sia funzionale ad una organizzazione aziendale più efficiente e sia conforme ai trattamenti salariali minimi inderogabili.
TAR Toscana, 29/01/2024, n. 120

Aumentati i minimali e massimali previdenziali per le provvigioni degli agenti
L’Enasarco ha previsto un aumento dell’importo dei minimali contributivi e dei massimali provvigionali, ovvero della soglia minima e massima dei versamenti previdenziali da effettuare in relazione alle provvigioni degli agenti. Gli importi per il 2024 sono pubblicati sul sito dell’Enasarco. La variazione in aumento del minimale e del massimale dei versamenti previdenziali si ricollega al tasso di variazione annua dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L’Enasarco ha confermato che il minimale non è dovuto se l’agente non produce provvigioni nel corso dell’anno e, inoltre, che la casa mandante deve versare i contributi in quote trimestrali dalla data di avvio del contratto di agenzia a quella di cassazione. Si precisa, infine, che il massimale è annuo e una volta raggiunto la casa mandante non deve più fare versamenti previdenziali aggiuntivi in favore dell’agente.
ENASARCO, News 02/02/2024

Obbligo di visita di idoneità dopo assenza per motivi di salute
In caso di rientro al lavoro dopo un’assenza per motivi di salute di durata superiore a sessanta giorni, la visita medica di idoneità va eseguita solo se le mansioni cui è adibito il dipendente richiedono la sorveglianza sanitaria. Il Ministero del Lavoro ha chiarito che l’obbligo della verifica sulla idoneità alla mansione in caso di assenza per malattia protratta oltre sessanta giorni non si applica a tutte le attività, ma solo se il lavoratore svolge mansioni per le quali è previsto l’obbligo della sorveglianza sanitaria. L’intervento del Ministero chiarisce l’ambito di applicazione della norma (art. 41, comma 2, del Decreto Legislativo 81/2008), affermando (in linea con il recente approdo della Corte di Cassazione) che la visita di idoneità si applica alla ripresa del lavoro dopo oltre sessanta giorni di assenza soltanto se il lavoratore è addetto a mansioni che lo espongono al rischio lavorativo (chimico, biologico, meccanico, etc.) e richiedono, quindi, la sorveglianza sanitaria.
Ministero del Lavoro, Risposta ad Interpello n. 1/2024

Somministrazione a tempo indeterminato illegittima per assenza di temporaneità
La reiterazione dei rapporti di somministrazione di lavoro è illegittima, laddove i successivi contratti di somministrazione non abbiano una natura effettivamente temporanea. Ciò si verifica quando il lavoratore venga destinato, con missioni successive, presso la stessa impresa utilizzatrice per un tempo maggiore di quello che possa ragionevolmente qualificarsi come temporaneo, in assenza di una spiegazione obiettiva delle ragioni aziendali. Tali principi trovano applicazione anche in relazione alla somministrazione a tempo indeterminato quando, a causa della durata eccessiva del rapporto di somministrazione e del massivo numero di lavoratori somministrati impiegati dall’utilizzatore, il ricorso al lavoro interinale non risulti volto a soddisfare un fabbisogno di manodopera temporaneo e contingente. Alla illegittimità della somministrazione consegue il diritto del lavoratore somministrato alla costituzione di un rapporto subordinato a tempo indeterminato con l’utilizzatore.
Trib. Milano, 16/1/2024 n. 90

Sproporzione della sanzione disciplinare e ritorsività del licenziamento
Il licenziamento è ritorsivo (e, perciò, nullo) quando costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione a un comportamento lecito del lavoratore. Alla luce di questo principio, affinché il licenziamento possa essere dichiarato ritorsivo è necessario che il lavoratore provi in giudizio che l’intento punitivo abbia costituito la ragione esclusiva e determinante del recesso datoriale. Ove il potere di recesso venga esercitato a fronte di un effettivo inadempimento disciplinare, la sproporzione della sanzione espulsiva non può portare a giudicare automaticamente ritorsivo il licenziamento. In tal caso, perché il motivo illecito assurga a fattore unico e determinante del licenziamento, occorre che sussistano elementi ulteriori (come l’elevato grado di sproporzione della sanzione espulsiva, anche rispetto alla scala valoriale espressa dalla contrattazione collettiva) sulla base dei quali le motivazioni formali del licenziamento debbano essere valutate come un mero pretesto per il recesso. In tal caso, infatti, il licenziamento risulta non solo sproporzionato, ma volutamente punitivo.
Cass. (ord.) 9/1/2024 n. 741

Emolumenti per il lavoro all’estero non computabili ai fini del TFR se hanno natura riparatoria
L’art. 2120 c.c. esclude espressamente dalla base di calcolo del TFR quanto corrisposto al lavoratore a titolo di rimborso spese, salvo che i contratti collettivi applicabili al rapporto di lavoro prevedano diversamente. Un emolumento è qualificabile come rimborso spese laddove abbia natura meramente riparatoria e costituisca una reintegrazione di una diminuzione patrimoniale, conseguente a una spesa che il lavoratore abbia sopportato nell’esclusivo interesse del datore di lavoro e che non sia attinente all’adempimento degli obblighi impliciti della prestazione lavorativa. Sulla scorta di tali principi, per determinare se costituiscano rimborsi spese i trattamenti economici aggiuntivi corrisposti al lavoratore che, alle dipendenze di un datore di lavoro italiano, presti la sua opera all’estero, occorre valutare le circostanze del caso concreto al fine di verificare se gli emolumenti in questione abbiano una natura riparatoria delle spese concretamente sostenute dal lavoratore nell’interesse del datore di lavoro.
Cass. (ord.) 4/12/2023 n. 27709

Responsabilità delle persone giuridiche e inottemperanza agli obblighi sulla sicurezza dei lavoratori
La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 presuppone l’avverarsi di una fattispecie complessa, i cui elementi sono: il verificarsi di un reato presupposto (uno dei reati espressamente indicati dalla legge come idonei a fondare la responsabilità delle persone giuridiche) e la colpa di organizzazione. Quest’ultima deve intendersi in senso normativo ed è fondata sull’inottemperanza da parte dell’ente all’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati presupposto. Tali accorgimenti devono essere consacrati in apposito documento anche denominato Modello 231. Nell’accertamento della colpa di organizzazione rispetto a un infortunio sul lavoro, occorre distinguere l’implementazione e l’attuazione del Modello 231, volto al prevenire la commissione dei reati presupposto, dall’implementazione e attuazione dei documenti prescritti dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro (es. il Documento di Valutazione dei Rischi), volti a prevenire il verificarsi eventi che possano danneggiare la salute dei lavoratori. La mancata adozione e/o l’inefficace attuazione degli strumenti di gestione dei rischi relativi alla sicurezza sul lavoro non comportano la responsabilità dell’ente, laddove questi abbia correttamente adottato e attuato il Modello 231.
Cass. sez. penale, 28/12/2023 n. 51455