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"Il trasferimento collettivo dei dipendenti presuppone una informativa preventiva ai sindacati."
Storno di dipendenti e concorrenza sleale
Il passaggio di due broker alla banca concorrente, anche se i due dipendenti riescono a trasferire una quota consistente della massa gestita, non è sufficiente per integrare gli estremi della concorrenza sleale tramite storno di dipendenti. Non è determinante che la banca alla quale i due broker approdano, per favorire il loro passaggio, si accolli ogni onere economico per la violazione del patto di non concorrenza, perché ai fini della concorrenza sleale è necessaria la dimostrazione che lo storno dei dipendenti è avvenuto da parte della banca subentrante con l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione e alla struttura produttiva della banca concorrente. Più in particolare, la concorrenza sleale si ritiene integrata attraverso lo storno di dipendenti quando dal passaggio dei dipendenti derivino effetti traumatici in termini di disgregazione dell’efficienza organizzativa del concorrente e, inoltre, la banca che assume i broker consegua un vantaggio competitivo indebito.
Cass. (ord.), Sez. 1 civile, 28/05/2024 n. 14944
Incostituzionalità della norma che non estende ai dirigenti il blocco dei licenziamenti in pandemia
L’art. 46, Decreto-Legge 18/2020 (c.d Decreto Cura Italia) presenta un profilo di “non manifestamente infondata” incostituzionalità nella parte in cui non estende il divieto di licenziamento individuale per ragioni oggettive ai lavoratori inquadrati come dirigenti. Si ricorda che la norma aveva previsto il “blocco” dei licenziamenti economici durante il periodo pandemico, ma mentre per i dipendenti non dirigenti la tutela era globale (applicandosi tanto ai licenziamenti collettivi, quanto ai licenziamenti individuali), per i dirigenti la tutela era parziale (risultando circoscritta ai soli licenziamenti collettivi). La norma richiamava, infatti, quanto ai licenziamenti individuali, l’art. 3 della Legge 604/1966, ma tale previsione normativa non si applica ai dirigenti. La Cassazione ha rimesso alla Corte Costituzionale di valutare se l’art. 46, Decreto-Legge 18/2020, nella parte in cui non estende ai dirigenti il divieto di licenziamento individuale per motivo oggettivo, violi l’art. 3 della Costituzione.
Cass. (ord.) 29/05/2024 n. 15030
Lavoro domenicale e diritto al riposo compensativo
Il lavoro prestato di domenica dà diritto ad un corrispondente giorno di riposo compensativo, ma questa giornata di riposo non può coincidere con una festività infrasettimanale. È irrilevante che per effetto della programmazione trimestrale aziendale i giorni di festività infrasettimanali ricadono nei giorni di apertura del punto vendita, perché in questo modo viene leso il diritto dei dipendenti di non lavorare nei giorni festivi. Il giorno di riposo deve collegarsi ad una giornata di lavoro, perché solo in tal caso la funzione compensativa della prestazione resa di domenica esprime i propri effetti. Pretendendo di collocare le giornate di riposo compensativo in altre giornate festive – per le quali il lavoratore ha, comunque, diritto ad astenersi dal lavoro – viene negato il diritto del lavoratore di non lavorare nei giorni festivi.
Cass. (ord.) 28/05/2024 n. 14904
Retribuito il tragitto dal tornello alla postazione di lavoro
È tempo di lavoro non solo quello dedicato all’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, ma anche quello in cui il lavoratore è presente sul luogo di lavoro e svolge le operazioni accessorie alla prestazione di lavoro e obbligatorie in ragione dell’organizzazione predisposta dal datore di lavoro. In applicazione di questo principio, i lavoratori hanno diritto alla retribuzione per il periodo di tempo che impiegano nel recarsi dai tornelli per la timbratura del cartellino (posti all’ingresso dei locali aziendali) alla propria postazione di lavoro e nel fare il percorso inverso alla fine della giornata lavorativa.
Cass. (ord.), 28/05/2024 n. 14848
L’e-mail ordinaria può soddisfare i requisiti della prova scritta
Il messaggio di posta elettronica ordinaria sottoscritto con firma elettronica c.d. semplice (che non garantisce l’autenticità e l’integrità del documento firmato né la riferibilità della firma in maniera univoca al firmatario) costituisce un documento informatico che, se non contestato, soddisfa il requisito della forma scritta ai fini della prova. La contestazione della provenienza o del contenuto dell’e-mail ordinaria non priva il documento dell’efficacia probatoria, bensì impone al Giudice di valutarne la qualità, la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità. Solo all’esito di tale valutazione il valore probatorio del documento può essere sconfessato. Il messaggio di posta elettronica ordinaria non soddisfa, invece, il requisito della forma scritta, laddove essa sia imposta dalla legge a pena di nullità.
Cass. (ord.), 21/05/2024 n. 14046
Comporto e licenziamento – lavoratore disabile discriminato se non viene verificata la causa delle assenze
In tema di licenziamento, l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto a tutte le assenze per malattia del lavoratore disabile è una discriminazione indiretta, che viola l’obbligo del datore di lavoro di adottare tutti i ragionevoli accomodamenti organizzativi volti a contemperare il suo interesse a ricevere una prestazione di lavoro utile con l’interesse del lavoratore al mantenimento del posto. Prima di intimare il licenziamento per superamento del periodo di comporto, dunque, il datore di lavoro consapevole della disabilità del lavoratore deve approfondire le ragioni delle assenze per malattia, distinguendo quelle imputabili all’handicap da quelle estranee alla condizione di disabilità. In assenza di tale distinzione, il licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto ordinario è nullo in quanto discriminatorio.
Cass. (ord.), 02/05/2024 n. 11731
Applicabile la disciplina della successione dei contratti a termine se le mansioni non sono stagionali
I rapporti di lavoro a tempo determinato per attività stagionali sono sottratti alla disciplina sulla successione dei contratti a termine che, se violata, comporta la trasformazione del rapporto a termine in uno a tempo indeterminato. Tale deroga è applicabile solo se il carattere stagionale delle mansioni assegnate risulti dal contratto di lavoro e il lavoratore svolga in concreto esclusivamente attività stagionali o ad esse strettamente complementari o accessorie. L’onere di provare tali circostanze è posto a carico del datore di lavoro.
Cass. (ord.), 09/04/2024 n. 9444
Conseguenze della mancata indicazione del diritto di precedenza nel contratto a termine
La legge impone al datore di lavoro di indicare espressamente, per iscritto e nel contratto di lavoro a termine il diritto del lavoratore a esprimere per iscritto la volontà di esercitare il suo diritto a essere assunto con precedenza per i 12 mesi successivi alla cessazione del rapporto a termine nelle medesime mansioni svolte in esecuzione del rapporto cessato. Nel caso in cui il suddetto obbligo informativo non sia stato assolto e il lavoratore contesti la violazione del diritto di precedenza senza aver precedentemente manifestato per iscritto la propria volontà di esercitarlo, il datore di lavoro non può opporre al lavoratore tale ultima circostanza per sottrarsi alle conseguenze che gli derivano dall’aver violato il diritto del lavoratore medesimo.
Cass. (ord.), 09/04/2024 n. 9444
Escluso l’uso aziendale se i lavoratori sono consapevoli della volontà contraria del datore di lavoro
La reiterazione costante e generalizzata nei confronti di tutti i lavoratori, o di categorie omogenee di lavoratori, di un comportamento favorevole del datore di lavoro genera un uso aziendale che agisce sui singoli rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale. La inequivoca, oggettiva e documentale conoscenza da parte dei lavoratori della volontà del datore di lavoro di non dare vita a un uso aziendale ne previene la formazione. L’uso aziendale produce i suoi effetti anche nei confronti dei lavoratori che entrino a far parte della categoria cui è applicato l’uso in un momento successivo alla sua formazione, se il datore di lavoro non ne escluda espressamente l’applicabilità in tale caso specifico.
Cass. (ord.), 22/04/2024 n. 14286
Il danno alla salute dei lavoratori va evitato anche adottando misure non previste dalla legge
Il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie a evitare che i lavoratori subiscano un danno alla salute in ragione della loro attività lavorativa. Le misure che il datore di lavoro deve adottare non sono solamente quelle oggetto di un espressa previsione di legge, ma anche le misure c.d. “innominate”, fondate su conoscenze tecnico-scientifiche o su altre fonti non legislative. Il lavoratore che svolga un’attività particolarmente gravosa e disagiante ha diritto al risarcimento del danno alla salute da parte del datore di lavoro laddove dimostri di aver subito detto danno a causa del lavoro svolto. Il datore di lavoro che voglia sottrarsi alla condanna di risarcimento del danno deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie al fine di evitare il danno, incluse quelle innominate.
Cass. (ord.), 17/05/2024 n. 13763
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