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"Per effetto dei più recenti interventi della Corte Costituzionale, è stato smantellato l’apparato sanzionatorio a tutele crescenti per i licenziamenti illegittimi."
Nuovi assunti: reintegrazione per insussistenza del fatto anche in caso di GMO
Il Tribunale di Ravenna ha sollevato questione legittimità costituzionale con riferimento all’art. 3 del D. Lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act) nella parte in cui tale norma, che si applica esclusivamente ai lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015, escluderebbe la reintegrazione nel posto di lavoro nei casi di licenziamento per motivo oggettivo qualora in cui il giudice abbia accertato l’insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento. Tale ipotesi, infatti, secondo il giudice remittente, si differenzierebbe nettamente da quanto previsto dalla stessa norma per il caso del licenziamento disciplinare, per il quale, in caso di fatto contestato rivelatosi insussistente, è stabilita la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro. La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione e, giudicando irragionevole e disarmonica la differenziazione di trattamento prevista tra licenziamenti disciplinari ed economici, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, co. 2, del D. Lgs. 23/2015 (Jobs Act) nella parte in cui tale norma non prevede che si applichi la reintegrazione nel posto di lavoro anche all’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale.
Corte Costituzionale, 16/07/2024 n. 128
Nuovi assunti: reintegrazione del lavoratore in caso di condotta punibile con sanzione “conservativa”
Il Tribunale di Catania ha sollevato questione di legittimità costituzionale con riguardo all’art. 3 del D. Lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act) anche con riferimento al segmento della norma che disciplina il licenziamento per ragioni disciplinari. Secondo il giudice remittente, poiché la norma ha previsto la reintegrazione del lavoratore soltanto in caso di insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore e non anche nell’ipotesi in cui il CCNL per la medesima contestazione abbia previsto una sanzione conservativa, risulta vanificato il ruolo delle parti sociali. La Corte Costituzionale ha ritenuto sufficiente offrire un’interpretazione “adeguatrice” della disposizione censurata, affermando che debba essere disposta la reintegrazione del lavoratore (anche) in tutte le ipotesi in cui il fatto contestato sia punito con una sanzione “conservativa” dalla contrattazione collettiva.
Corte Costituzionale, 16/07/2024 n. 129
AI Act pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE
Il c.d. “AI Act” (Regolamento UE n. 2024/1689), il primo atto normativo al mondo a disciplinare i sistemi di intelligenza artificiale, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE, ma la sua effettiva applicazione avverrà gradualmente nel tempo fino ad arrivare al 2 agosto 2026, quando il testo acquisterà piena efficacia. L’AI Act si applica agli sviluppatori, importatori e distributori di sistemi AI, nonché ai soggetti pubblici e privati che ne facciano uso. L’AI Act distingue i sistemi di intelligenza artificiale secondo un approccio basato sul rischio. Coerentemente con tale approccio, dal 2 febbraio 2025 saranno applicabili le norme che vietano i sistemi di IA che comportano un rischio così elevato da essere non accettabile, tra i quali vi sono i sistemi di riconoscimento delle emozioni sul luogo di lavoro, di c.d. “social scoring” e di c.d. “giustizia predittiva”, mentre le norme che riguardano i sistemi AI a rischio più basso entreranno in vigore secondo la scaletta prevista dallo stesso AI Act.
Regolamento (UE) 13/06/2024 n. 1689
Anche i licenziamenti per pensionamento ricadono nella procedura dei licenziamenti collettivi
La direttiva euro unitaria sui licenziamenti collettivi si applica anche alla cessazione dei rapporti di lavoro disposte dal datore per pensionamento dei lavoratori. Scopo della normativa sui licenziamenti collettivi è di far precedere l’irrogazione dei recessi da una fase di informazione e di consultazione con le associazioni sindacali di categoria. Questa procedura si applica anche se il licenziamento interviene a fronte del raggiungimento dei requisiti di pensione da parte dei lavoratori, in quanto la nozione di licenziamento collettivo ricomprende ogni recesso datoriale che intervenga senza il consenso dei lavoratori coinvolti. Pertanto, se il numero dei licenziamenti, ricomprendendo quelli determinati dal pensionamento dei lavoratori disposto dal datore di lavoro, comporta l’applicazione della procedura di consultazione sindacale, occorre assoggettare alla predetta procedura anche il recesso datoriale determinato dal raggiungimento dei requisiti pensionistici da parte dei lavoratori.
Corte di Giustizia UE (sentenza) 11/07/2024, causa C-196/23
Onere del repêchage esteso ai contratti di lavoro a termine
È illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo se il datore di lavoro non ha prima offerto al dipendente in esubero la ricollocazione in mansioni disponibili di natura inferiore o a tempo determinato. Quanto alle mansioni inferiori l’obbligo del repêchage si estende anche alle posizioni professionali disponibili in azienda che hanno un contenuto peggiorativo, in quanto anch’esse sono idonee a garantire la preminente esigenza di conservazione del rapporto di lavoro. Lo stesso principio viene espresso rispetto alle assunzioni a tempo determinato, sostenendosi che il datore avrebbe dovuto valutare anche l’assegnazione del lavoratore in esubero a mansioni a termine, estendendo in questo modo l’assolvimento dell’obbligo del repêchage anche ai posti vacanti solo a tempo determinato. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è, dunque, illegittimo se al momento del recesso sussistevano mansioni inferiori oppure a termine.
Cass. (ord.) 10/07/2024 n. 18904
Dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità
In data 5 luglio 2024 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2024/1760 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. La nuova Direttiva, che entrerà in vigore il 25 luglio 2024, ha l’obiettivo di responsabilizzare le grandi imprese che dovranno istituire un complesso sistema di compliance in relazione a tutte le attività che possono generare un impatto ambientale o un impatto sociale, sia nei casi di responsabilità diretta sia nel contesto dell’intera “catena del valore” (tra le quali, ad esempio, le attività di partner commerciali, clienti e fornitori) sotto la loro supervisione. Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva entro il 26 luglio 2026 e troverà applicazione:
- dal 26/07/2027, per le imprese con oltre 5.000 dipendenti e fatturato netto globale superiore a €1.500m;
- dal 26/08/2028 per le imprese con più di 3.000 dipendenti e fatturato netto globale superiore a €900m;
- dal 26/07/2029, per le imprese con oltre 1.000 dipendenti e fatturato netto globale superiore a €450m.
Ogni Stato membro dovrà istituire un’autorità di vigilanza per la verifica da parte delle imprese dei nuovi obblighi, nonché per l’avvio di ispezioni e indagini e applicare sanzioni alle imprese inadempienti fino al 5% del fatturato mondiale netto.
Direttiva UE 2024/1760, pubblicata in G.U. 05/07/2024
Nullità del licenziamento per motivo oggettivo dopo il rifiuto del tempo pieno
Se il licenziamento per crisi aziendale è strettamente consequenziale al rifiuto del lavoratore di trasformare a tempo pieno il rapporto di lavoro in regime di part-time e, inoltre, le ragioni stesse del giustificato motivo si rivelano infondate, la condotta datoriale deve considerarsi ritorsiva e il recesso è nullo. Ne consegue che il lavoratore usufruisce della reintegrazione in servizio, in aggiunta al riconoscimento dell’indennità risarcitoria in misura pari alle retribuzioni perdute nell’intervallo non lavorato. La fittizia giustificazione del licenziamento con una inesistente condizione di crisi aziendale, collocandosi a ridosso del rifiuto del lavoratore di accettare la trasformazione a tempo pieno del rapporto, nasconde una ingiusta e arbitraria reazione ritorsiva ad un comportamento legittimo del lavoratore, dovendosi attribuire al licenziamento il connotato della vendetta.
Cass. (ord.) 08/07/2024 n. 18547
Reintegrazione del lavoratore licenziato per le lamentele sulle mancate retribuzioni
È ritorsivo e, dunque, nullo il licenziamento intimato tramite una lettera contenente un motivo oggettivo dedotto del tutto genericamente e con un sgrammaticata formula di stile, accompagnata dalla dichiarazione resa oralmente dal datore di lavoro al lavoratore, da questi registrata e poi prodotta in giudizio, secondo la quale il licenziamento è, in realtà, motivato dalle continue lamentele del lavoratore circa il mancato pagamento della retribuzione. In tal caso, infatti, la motivazione formalmente addotta per giustificare il licenziamento deve ritenersi del tutto insussistente e, di conseguenza, il recesso risulterà intimato per un motivo illecito determinate, con diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Trib. Palermo 15/04/2024 n. 1624
Reintegrazione anche se l’insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento non è manifesta
Il lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo ha diritto alla reintegrazione e non alla sola tutela indennitaria, laddove all’esito dell’istruttoria sia emerso che la soppressione della posizione lavorativa posta alla base del recesso, in realtà, non è mai avvenuta, perché il lavoratore era stato già da diversi anni assegnato a mansioni differenti rispetto a quelle asseritamente soppresse. Infatti, in virtù di una recente pronuncia della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 125/2022), per l’applicazione della tutela reintegratoria non è necessario che l’insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento sia manifesta e, dunque, immediatamente evidente e il lavoratore deve essere reintegrato anche se tale insussistenza emerga solamente all’esito della raccolta delle prove in giudizio.
Cass. (ord.) 05/07/2024, n. 18402
Licenziamento di persona con disabilità e significative variazioni dell’organizzazione del lavoro
Può essere risolto il rapporto di lavoro di una persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell’organizzazione di lavoro, solo se l’impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro (i cd. accomodamenti ragionevoli), è accertata dalla commissione medica integrata (art. 10, co, 3, Legge n. 68/1999). Tra le significative variazioni dell’organizzazione del lavoro rientra anche l’ipotesi di soppressione del posto di lavoro del lavoratore disabile e occorre verificare se il medesimo lavoratore disabile possa essere ricollocato in azienda con mansioni alternative che siano compatibili con il suo stato di salute.
Cass. (ord.) 02/07/2024 n. 18094
Ammende per violazioni su somministrazione, appalto e distacco
Data la recente reintroduzione (ad opera del D.L. n. 19/2024) delle sanzioni penali per la somministrazione non autorizzata e per l’appalto e il distacco illeciti, l’Ispettorato del Lavoro ha fornito le indicazioni operative sull’applicazione delle relative pene pecuniarie (ammende). Si applica anche alle pene pecuniarie la maggiorazione del 20% introdotta nel 2018 per le sanzioni amministrative previste all’epoca per le medesime violazioni. Inoltre, le ammende non potranno essere inferiori ai 5.000 euro né superiori ai 50.000 euro. Per la recidiva sono previste due ipotesi: (i) nel caso in cui il datore di lavoro abbia commesso nei tre anni precedenti una violazione delle norme su somministrazione, appalto e distacco, alla sanzione devono essere applicate due maggiorazioni, una del 20% e una del 40%; (ii) nel caso in cui, invece, il lavoratore abbia commesso nei tre anni precedenti una violazione diversa e rientrante tra quelle previste dalla legge (ad es. lavoro nero) si applica la sola maggiorazione del 40%. Nel caso in cui le violazioni siano commesse con sfruttamento di minori, le pene pecuniarie sono aumentate fino al sestuplo. Infine, se il datore di lavoro adempie alle prescrizioni correttive impartite dall’Ispettorato, le sanzioni sono ridotte ad un quarto.
Ispettorato Nazionale del Lavoro 18/06/2024 n. 1091
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