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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia26 September 2024

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"I lavoratori che operano nel ramo d’azienda trasferito passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell’acquirente."

Astensione collettiva dal lavoro e presupposti dello sciopero
L’astensione dal lavoro da parte di alcuni dipendenti, se non è preceduta da una decisione collettivamente concordata, non può qualificarsi come sciopero. Lo sciopero rappresenta un diritto individuale ad esercizio collettivo, perché diretto alla tutela di un interesse di natura collettiva. Pur non essendoci alcun obbligo di preventiva comunicazione al datore, ad eccezione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali e dei casi in cui si applica un codice di autoregolamentazione, è necessario che l’astensione sia “collettivamente concordata”, a prescindere da chi prenda l’iniziativa della sua attuazione, trattandosi di una situazione conflittuale avente a oggetto un interesse collettivo. Se manca questo presupposto, l’astensione dal lavoro esercitata da alcuni lavoratori non può rientrare nella nozione di sciopero e, pertanto, l’assenza dal lavoro non può trovare nell’astensione collettiva come legittima forma di lotta di natura sindacale una idonea giustificazione. Deve ritenersi, dunque, legittima l’iniziativa della datrice di lavoro, che ha sanzionato disciplinarmente la condotta dei lavoratori alla stregua di astensione ingiustificata dal lavoro.
Cass. (ord.) 12/09/2024 n. 24473

Lavoratrice madre caregiver con figli minori ha diritto a turni di mattina
La lavoratrice caregiver made di quattro figli minori, di cui due affetti da disabilità, ha diritto ad una distribuzione dei turni di lavoro settimanali che, nei limiti di quanto sia reso praticabile dall’organizzazione aziendale, salvaguardi l’assolvimento delle proprie esigenze familiari. Se l’assegnazione da parte del datore a turni di lavoro collocati nella fascia pomeridiana comprime le esigenze di cura dei figli, inclusi i disabili, il datore di lavoro è tenuto a verificare l’assegnazione di turni nella fascia di mattina che consentano alla lavoratrice di attendere alle proprie necessità familiari. I principi di correttezza e buona fede nella gestione del rapporto di lavoro impongono al datore di lavoro di accordare ogni trattamento che, salvo comprovate esigenze organizzative di segno contrario, consenta alla dipendente caregiver di assolvere alle proprie esigenze familiari. Nel caso specifico, il giudice ha ordinato alla società di adibire la lavoratrice, il cui orario era collocato al pomeriggio, ad almeno due (quando non tre) turni di mattina su base settimanale.
Trib. Roma (ord.) 14/09/2024

Sospeso il lavoratore che rifiuta la nomina a incaricato del trattamento dei dati personali
Il rifiuto di un lavoratore con mansioni di Caposquadra Portalettere a sottoscrivere per accettazione l’atto di nomina quale incaricato al trattamento dei dati personali costituisce condotta disciplinarmente rilevante per violazione del generale dovere di lealtà e correttezza nell’esecuzione del rapporto. Il rifiuto costituisce, inoltre, inadempimento dei doveri contrattuali di attenersi alle indicazioni datoriali e di formarsi adeguatamente circa i requisiti imposti dalla normativa eurounitaria sul trattamento dei dati personali (Regolamento UE n. 2016/679) per lo svolgimento delle mansioni. A fronte di tale rifiuto, il datore di lavoro può legittimamente sospendere il lavoratore dal servizio e dalla retribuzione fino a che il lavoratore non sia nelle condizioni di trattare i dati personali per conto del datore di lavoro e, dunque, di svolgere la prestazione lavorativa in linea con le prescrizioni dettate dalla normativa sula privacy. Inoltre, poiché l’impossibilità della prestazione è imputabile esclusivamente alla volontà del lavoratore, non sussiste l’obbligo del datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni differenti che non implichino il trattamento di dati personali.
Trib. Udine (ord.) 01/08/2024 est. Chiarelli

Sanzione pecuniaria nei confronti del direttore generale per ritorsioni nei confronti del whistleblower
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha sanzionato il direttore generale di un’agenzia per avere adottato delle misure ritorsive nei confronti di un dirigente che aveva segnalato alcuni illeciti sul lavoro. In particolare, il dirigente aveva segnalato la commissione di alcune presunte irregolarità nelle assunzioni, nonché la sussistenza di alcuni conflitti di interesse del direttore generale dell’agenzia. A seguito della segnalazione, il dirigente era stato destinatario di atti di riorganizzazione approvati dal direttore generale, che avevano avuto un impatto negativo sulla sua posizione e sulle valutazioni delle sue performance. A seguito dell’istruttoria, ANAC ha dichiarato la natura ritorsiva e la conseguente nullità delle deliberazioni assunte nei confronti del dirigente e ha condannato il direttore generale al pagamento di una sanzione pecuniaria di €10.000 per l’uso distorto delle sue funzioni e per aver adottato misure discriminatorie.
ANAC, delibera 30/07/2024, n. 380

Licenziamento per inidoneità sopravvenuta e discriminazione
Il licenziamento per inidoneità sopravvenuta del lavoratore dichiarato idoneo con limitazioni alle mansioni assegnate è discriminatorio, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, se il datore di lavoro non ha adottato gli accomodamenti ragionevoli prescritti dalla legge (art. 3, D.lgs. n. 216/2003) per adibire il lavoratore medesimo a diverse mansioni, equivalenti oppure inferiori. L’obbligo del datore di lavoro sorge in ragione della (ampia) nozione eurounitaria di handicap, che include qualsiasi limitazione risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che ostacoli la piena partecipazione del lavoratore alla vita professionale. In tale ambito, il datore di lavoro deve adottare gli accomodamenti ragionevoli necessari e appropriati a garantire il posto di lavoro al lavoratore affetto da handicap, dovendosi intendere per tali quegli adattamenti dell’organizzazione aziendale che non comportino un apprezzabile modificazione delle modalità di svolgimento della prestazione da parte dei colleghi del lavoratore disabile.
Trib. Cosenza 20/09/2024 est. Ferrenttino

Obbligo di restituzione dell’indennità di mobilità in caso di reintegra
È stato richiesto l’intervento delle Sezioni Unite per dirimere il contrasto circa la sussistenza dell’obbligo di restituzione dell’indennità di mobilità (equivalente negli scopi all’indennità di disoccupazione) all’Inps da parte di lavoratori il cui licenziamento sia stato dichiarato illegittimo, con conseguente diritto al risarcimento e alla reintegra rimasti ineseguiti in ragione del fallimento del datore di lavoro. Sul punto è aperto un contrasto giurisprudenziale. Secondo una parte della giurisprudenza, l’ordine di reintegra farebbe rivivere il rapporto di lavoro con conseguente venir meno dei presupposti giuridici dell’indennità di mobilità. Essa dovrebbe, dunque, essere restituita all’Inps anche se il lavoratore beneficiario non venga reintegrato e rimanga senza retribuzione. Secondo l’orientamento opposto, l’inadempimento all’obbligo di reintegra coinciderebbe nei fatti con la disoccupazione involontaria del lavoratore, il quale si troverebbe privo della retribuzione per ragioni a lui non imputabili. Sotto tale prospettiva, l’indennità di mobilità svolgerebbe il ruolo di sostegno al reddito del lavoratore e non dovrebbe essere restituita.
Cass. (ord.) 23/09/2024 n. 25399

Rimessa alla CGUE la questione relativa al diritto all’integrazione al minimo dell’assegno di invalidità
La Cassazione ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione relativa alla corretta interpretazione della normativa eurounitaria (art. 58, Regolamento n. 883/2004/CE) sul diritto del lavoratore all’integrazione dell’assegno di invalidità fino all’importo minimo, nell’ipotesi in cui egli abbia maturato la contribuzione in parte in Italia e in parte in Svizzera (alla quale si applicano le norme eurounitarie sulla libera circolazione dei lavoratori, incluse quelle in materia previdenziale). La legge italiana prevede che il lavoratore titolare di posizioni contributive in più Stati abbia diritto all’integrazione al minimo dell’assegno di invalidità solamente dopo aver maturato in Italia almeno 10 anni di contributi, mentre per il lavoratore che abbia maturato i contributi esclusivamente in Italia il diritto all’integrazione dell’assegno di invalidità sorge dopo soli 5 anni di contribuzione. Secondo la Cassazione tale disparità di trattamento potrebbe tradursi in una disciplina discriminatoria alla luce del diritto UE e, per tale ragione, ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia.
Cass. (ord.) 17/09/2024 n. 24928

Chiarimenti Inps sul ricalcolo dell’importo di prepensionamento
L’Inps ha fornito chiarimenti in materia di prepensionamento e scivolo pensionistico tramite i vari strumenti (attivi e non più attivi) previsti dal nostro ordinamento, tra cui l’isopensione, il contratto di espansione e l’assegno straordinario erogato dai fondi bilaterali. Si precisa che è possibile il ricalcolo del valore delle prestazioni di esodo nel caso di domande di accrediti contributivi (come quello relativo al servizio di leva o al riscatto di laurea) presentate dal lavoratore dopo l’accesso all’esodo. Nella eventualità di accrediti contributivi successivi alla cessazione del rapporto e all’ingresso in esodo (tra cui, anche i riscatti di periodi di studi, le ricongiunzioni da altre gestioni o l’accredito figurativo della maternità fuori del rapporto di lavoro), l’Inps chiarisce che la procedura di ricalcolo dell’assegno può essere avviata solo dal datore di lavoro d’intesa col lavoratore. Lo stesso sistema si applica per le retribuzioni riferite al periodo di lavoro precedente alla cessazione e non considerate al momento della liquidazione dell’assegno di esodo, come nel caso di ratei di incentivi e premi erogati successivamente (anche uno o due anni dopo) rispetto alla cessazione del rapporto di lavoro.
INPS, Messaggio 19/09/2024 n. 3078

Pubblicato il Decreto ministeriale con il regolamento sulla patente a crediti per lavoro in cantiere
Il Ministero del Lavoro ha emanato il decreto che individua le modalità per la presentazione della domanda per il conseguimento della patente a crediti da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili. Il Decreto-Legge 19/2024 aveva introdotto la patente a crediti per gli operatori di cantiere e la misura sarà obbligatoria dal 1° ottobre 2024. Tra le indicazioni ministeriali, spicca la sospensione obbligatoria della patente in caso di infortunio mortale per colpa grave, fatta salva la diversa valutazione dell’Ispettorato del lavoro “adeguatamente motivata”. Viene, quindi, precisato che i crediti iniziali sono in numero di 30 e possono salire fino a 100 sulla base di determinati requisiti già posseduti quando viene presentata la domanda o acquisiti in seguito. Il requisito minimo per operare in cantiere è di almeno 15 punti. La patente a crediti è rilasciata in formato digitale e le dichiarazioni mendaci sono punite con la revoca. In tal caso, solo dopo un anno sarà possibile richiedere una nuova patente. Il decreto ministeriale disciplina la gestione dei crediti in presenza di fusioni o trasformazioni societarie. Infine, per il recupero dei crediti persi è richiesta la frequenza di corsi in materia di salute e sicurezza da parte dei responsabili delle violazioni e dei lavoratori occupati.
Decreto Ministero del Lavoro 18/09/2024 n. 132

Coordinatore per la sicurezza in cantiere e responsabilità penale fino a ultimazione dell’opera
Quanto all’applicazione dell’obbligo di nominare il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e quello per l’esecuzione dei lavori (ai sensi dell’art. 90, comma 3, Dlgs. 9 aprile 2008, n. 81), la nozione di cantiere deve essere rapportata all’opera da realizzare e il momento della sua cessazione non è determinato da eventuali varianti in corso d’opera, ma dall’effettiva ultimazione di tutti i lavori ad essa inerenti. In forza di questo principio, è stata confermata la condanna per omicidio colposo del coordinatore per la sicurezza, il quale si era difeso sostenendo che il cantiere per il quale era intervenuta la propria nomina era concluso, laddove l’infortunio si era verificato per lavorazioni relative a opere che configuravano un altro cantiere. La Cassazione rigetta questa tesi e afferma che fino alla definitiva chiusura del cantiere tutte le lavorazioni anche accessorie e aggiuntive che ivi si sviluppano comportano la responsabilità del coordinatore per la sicurezza.
Cass., sez 4° Penale, 12/09/2024 n. 34387

Pubblicato il Decreto ministeriale sulla certificazione delle competenze
È stato pubblicato il Decreto del Ministero del Lavoro che disciplina i servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze (c.d. “IVC”). I suddetti servizi possono essere forniti (i) dai Fondi Interprofessionali per la formazione continua, (ii) dall’Unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigiano e agricoltura e (iii) da Sviluppo Lavoro S.p.A.. Ciascuno di tali enti potrà erogare i servizi IVC negli ambiti di competenza previsti dal Decreto e dovrà adottare, entro maggio 2025, un regolamento che disciplini le condizioni di erogazione e fruizione. Il Decreto precisa che le attestazioni delle competenze dovranno essere rese in formato digitale. Le competenze oggetto dei servizi di IVC potranno riguardare, tra le altre, la conoscenza delle lingue, le competenze digitali, imprenditoriali, sociali e di apprendimento, nonché le competenze di literacy e numeracy.
Decreto Ministero del Lavoro 09/07/2024, in G.U. 08/08/2024

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