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"Il licenziamento disciplinare deve essere erogato entro il termine finale della procedura previsto dal contratto collettivo."
Controllo indiscriminato della posta elettronica aziendale e nullità del licenziamento
In mancanza di fondati sospetti sul compimento di azioni rilevanti sul piano disciplinare, il datore di lavoro non può esercitare un controllo sulla mail aziendale assegnata al dipendente. Il datore non può effettuare un controllo indiscriminato della mail aziendale del dipendente per trovare motivi validi per sostenere il suo licenziamento. Tale condotta viola basilari norme sul trattamento dati personali e costituisce violazione del diritto di riservatezza del dipendente, ed il licenziamento adottato dal datore sulla base delle informazioni raccolte “ex post” attraverso il controllo retrospettivo della posta aziendale del dipendente è nullo. Il controllo della posta elettronica aziendale deve avvenire operando un equilibrato bilanciamento tra le esigenze dell’impresa alla protezione degli interessi e dei beni aziendali con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore. Questo bilanciamento risulta violato nel caso in cui il controllo sulla mail del dipendente avvenga in assenza di un ragionevole sospetto sul compimento di azioni illecite, perché solo in tal caso si giustifica il tracciamento dell’account di posta elettronica aziendale.
Cass. (ord.) 13/01/2025 n. 807
Obbligo di comunicazione al Registro delle Imprese della PEC degli amministratori di società
Dal 1° gennaio 2025 – come previsto dalla Legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 860) – è obbligatorio comunicare al Registro delle Imprese e dei professionisti l’indirizzo PEC di ciascun amministratore di imprese costituite in forma societaria (sia di persone che di capitali), i quali devono dotarsi di un domicilio digitale anche ove non ne siano tenuti per altre ragioni. Sul punto, la Camera di Commercio di Milano Monza-Brianza e Lodi ha precisato che, in sede di prima applicazione della novella legislativa, in attesa di eventuali indicazioni ministeriali, risulta obbligatoria la compilazione del domicilio digitale degli amministratori nelle domande inviate a far data dal 1° gennaio 2025 relative all’ (i) iscrizione della nomina unitamente all’atto costitutivo di società di capitali; (ii) iscrizione dell’atto costitutivo di società di persone. Secondo l’interpretazione fornita dalla Camera di Commercio, la domanda di iscrizione relativa a uno degli adempimenti sopra indicati, carente dell’indicazione del domicilio digitale degli amministratori, comporta la sospensione della pratica per permetterne la regolarizzazione ed evitare il rifiuto di iscrizione.
Camera di Commercio di Milano, Sito internet 14/01/2024
Diritto del disabile allo smart working con accomodamenti ragionevoli
Il datore di lavoro deve consentire al dipendente invalido civile di rendere la prestazione da remoto mediante smart working, se questa soluzione risulta ragionevole per rimuovere gli ostacoli che limitano la prestazione del lavoratore e il datore non sopporta oneri finanziari sproporzionati. Il diritto del lavoratore disabile a lavorare in modalità agile per effetto degli accomodamenti ragionevoli datoriali sussiste, in tal caso, anche se l’accordo aziendale esclude le mansioni cui è addetto il disabile dallo smart working. La circostanza che nel periodo pandemico il datore abbia fatto ricorso allo smart working evidenzia, infatti, che non sussistono ostacoli sul piano organizzativo perché la prestazione del disabile possa continuare ad essere resa in modalità agile anche successivamente. Né sussistono sproporzionati oneri finanziari, considerando che il costo per l’impresa si traduce nella fornitura di strumenti digitali e in una preliminare attività formativa.
Cass. 10/01/2025 n. 605
Decorrenza della prescrizione dei contributi per i contratti a termine nulli
Il termine di prescrizione dei crediti contributivi, a fronte di un contratto a termine nullo, decorre dalla scadenza del termine nullo. Né vi sono impedimenti di mero fatto, quali l’ignoranza circa la nullità del contratto a termine o il ritardo (anche giudiziale) nell’accertamento della nullità, che possano ritardare la decorrenza della prescrizione, la quale in ogni caso va conteggiata a partire dalla data di scadenza del contratto a termine nullo. Non si applica in questa materia il diverso momento da cui decorre la prescrizione dei contributi per i licenziamenti illegittimi cui consegue, ex art. 18 Stat. Lav., la reintegrazione in servizio. In quest’ultimo caso, infatti, la prescrizione decorre dall’ordine della reintegra, mentre per i contratti a termine nulli dalla interruzione del rapporto a termine, senza che si debba attendere la pronuncia giudiziale.
Cass. 10/01/2025 n. 602
La sussistenza di ragioni organizzative non esclude il licenziamento discriminatorio
La sussistenza di una valida ragione aziendale alla base del licenziamento per motivo oggettivo non esclude che il recesso datoriale possa configurare un atto discriminatorio indiretto nei confronti della dirigente portatrice di handicap. La discriminazione per handicap si verifica, in tal senso, quando il trattamento pregiudizievole si basa sul fattore di rischio rappresentato dalla disabilità del dipendente, comportando una lesione del principio di parità di trattamento. Ne consegue che un licenziamento posto in essere per una ragione legittima, come il motivo economico o di riorganizzazione, non esclude la natura discriminatoria del licenziamento di un dirigente con handicap, se alla base della scelta del dipendente in esubero non può essere esclusa la disabilità del lavoratore. Sulla scorta di questi principi, è stato ritenuto nullo, in quanto discriminatorio, il licenziamento irrogato per soppressione della posizione di lavoro ad una dirigente rientrata da poco in servizio in seguito ad un incidente successivo ad un prolungato periodo di malattia per grave patologia riconosciuta ai sensi della Legge 104/1992.
Cass. (ord.) 09/01/2025, n. 460
Legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente che produce un certificato medico falso
Qualora il licenziamento sia intimato per giusta causa e sono stati contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, ciascuno di essi considerato autonomamente costituisce base idonea per giustificare la sanzione disciplinare espulsiva. D’altra parte, è il lavoratore a dover provare che i singoli episodi, solo se considerati congiuntamente per la loro gravità complessiva, erano tali da determinare il venir meno del rapporto fiduciario con il datore di lavoro. Sulla base dei suddetti principi, è stato confermato il licenziamento per giusta causa di un lavoratore a cui erano state addebitate più condotte gravi che, considerate sia singolarmente sia unitariamente, erano idonee a ledere il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro, in quanto esprimevano disprezzo e noncuranza per l’organizzazione aziendale e la dignità dei colleghi di lavoro (tra cui, l’omessa tempestiva comunicazione dell’assenza per malattia e l’omesso tempestivo invio del certificato medico, l’uso di certificazione medica falsa e l’offesa verbale verso un collega).
Cass. (ord.) 07/01/2025, n. 172
La contestazione disciplinare non assolve ad una funzione correttiva
Il datore di lavoro ha il potere, ma non l’obbligo, di esercitare il potere di controllo in modo continuo sui propri dipendenti, contestando immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento, come la realizzazione di condotte sanzionate dal CCNL con un provvedimento espulsivo. Ne consegue che la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione, ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma al momento in cui il datore di lavoro ne abbia acquisito piena conoscenza. In applicazione di questo principio, è stato confermato il licenziamento per giustificato motivo soggettivo di un lavoratore che, violando gli obblighi di correttezza e diligenza, aveva reiteratamente violato l’obbligo di comunicare le assenze e gli impedimenti al regolare espletamento della prestazione di lavoro. Anche se il datore non aveva contestato le singole assenze volta per volta, in assenza di un controllo assiduo sul lavoratore, la circostanza che le assenze prodottesi nel tempo avessero arrecato un pregiudizio organizzativo al datore di lavoro giustificava l’irrogazione della sanzione espulsiva.
Cass. (ord.) 07/01/2025, n. 276
Indennità NASpI e invio certificato medico attestante il riacquisto della capacità lavorativa
L’Inps ha fornito alcuni chiarimenti sulle modalità di richiesta dell’indennità di disoccupazione NASpI per i dipendenti in malattia al momento della cessazione del rapporto di lavoro. In caso di malattia o infortunio/malattia professionale indennizzabili dall’Inps o dall’Inail verificatisi entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, il termine per presentare la domanda di NASpI è sospeso per la durata dell’evento stesso e riprende a decorrere dal termine del predetto evento. I lavoratori possono inoltrare la domanda nei termini di legge, con decorrenza del pagamento dell’indennità (i) dall’ottavo giorno successivo al termine dell’evento, se la domanda viene presentata tempestivamente oppure (ii) dal giorno successivo alla presentazione della domanda, qualora la domanda sia presentata oltre l’ottavo giorno successivo al termine dell’evento. L’Inps ha, inoltre, precisato che dal 1° marzo 2025, per le richieste di NASpI presentate dai lavoratori in malattia o in infortunio/malattia professionale al momento della cessazione del rapporto di lavoro, è richiesto l’invio del certificato medico che attesti il riacquisto della capacità lavorativa o, in caso di evento tutelato dall’Inps, il certificato definitivo rilasciato dal predetto ente. I suddetti certificati medici, privi di diagnosi, potranno essere presentati contestualmente alla domanda di NASpI o successivamente tramite il modello “NASpI-Com”.
INPS, Messaggio 27/12/2024, n. 4468
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