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"In pendenza del procedimento disciplinare, il CCNL può prevedere la sospensione cautelare del dipendente dal lavoro."
È discriminazione collettiva affermare di assumere solo uomini o donne con più di 40 anni
Costituisce una ipotesi di discriminazione collettiva, l’affermazione dell’amministratrice di una società di assumere solo uomini o donne con più di 40 anni di età per le posizioni di vertice, ritenendole più stabili dal punto di vista familiare e lavorativo. In particolare, tali affermazioni sono qualificabili come discriminazione indiretta multifattoriale e intersezionale, poiché hanno l’effetto di scoraggiare le lavoratrici dal candidarsi per ruoli dirigenziali, ledendo una pluralità di fattori protetti (genere, età, genitorialità). Sulla base di tali circostanze, è stato accolto il ricorso presentato da un’associazione per la lotta alle discriminazioni contro una nota azienda di moda, che è stata condannata ad adottare un piano di rimozione delle discriminazioni con obbligo di dar corso ad una specifica attività formativa in azienda per contrastare pregiudizi su età, genere e carichi familiari (oltre alla pubblicazione della sentenza su alcuni quotidiani).
Trib. Busto Arsizio 03/02/2025
La retribuzione delle ferie annuali deve essere commisurata a quella ordinaria
In occasione delle ferie il lavoratore deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro. La decurtazione dalla retribuzione del periodo di ferie di alcune voci dello stipendio percepite stabilmente e legate allo svolgimento delle mansioni risulta un disincentivo a fruire del riposo annuale. Per tale ragione, durante il periodo di godimento delle ferie deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria, ovverosia qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto funzionale con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore. In applicazione di tale orientamento, è stato ritenuto che l’indennità di volo integrativa, l’indennità di utilizzazione professionale (parte variabile) e l’indennità per assenza dalla residenza, che sono stabilmente corrisposte nei periodi di lavoro, rientrano nella retribuzione dovuta anche in costanza delle ferie.
Cass. (ord.) 09/03/2025, n. 6282
Reintegrazione applicabile anche al licenziamento per motivo oggettivo dei “nuovi assunti”
A seguito della pronuncia di incostituzionalità (sentenza n. 128/2024) della norma (art. 3, D.Lgs. 23/2015) che disciplina le conseguenze dell’illegittimità del licenziamento per motivi oggettivi nel regime delle c.d. “tutele crescenti”, il rimedio della reintegrazione sul posto di lavoro si applica anche ai licenziamenti illegittimi per motivo oggettivo dei “nuovi assunti” (ovvero i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015). Pertanto, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel caso in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto posto dal datore di lavoro a presidio del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Tale ipotesi può verificarsi laddove il datore di lavoro non abbia dimostrato in giudizio l’effettiva sussistenza della riorganizzazione aziendale finalizzata ad ottenere una maggiore efficienza ed economicità della gestione dell’azienda.
Cass. (ord.) 09/03/2025 n. 6221
Per l’INPS hanno diritto all’indennità di malattia anche i lavoratori pensionati
Modificando il proprio precedente indirizzo, l’Inps ha chiarito che i percettori di trattamento pensionistico che instaurano un rapporto di lavoro subordinato potranno accedere all’indennità di malattia a carico Inps. Il precedente indirizzo dell’Inps era che l’accesso alla malattia indennizzata fosse precluso ai lavoratori che, dopo aver conseguito la pensione, si rioccupavano in forza di un nuovo contratto di lavoro subordinato. Secondo questo indirizzo, la circostanza che i pensionati-lavoratori percepissero, comunque, il trattamento pensionistico li poneva in protezione anche in caso di subentro di un evento morboso. Superando questo indirizzo, l’Inps afferma adesso che compete l’indennità di malattia anche ai lavoratori subordinati che hanno la qualifica di lavoratore pensionato.
INPS, Circolare 11/03/2025 n. 57
Licenziamento per assenza ingiustificata e omessa comunicazione dei permessi per assistere il disabile
Il dipendente che utilizza i permessi previsti dalla Legge n. 104/1992 per assistere il figlio minore disabile in situazione di gravità, senza comunicare al datore di lavoro l’assenza e le ragioni giustificatrici dell’assenza non può essere licenziato. L’astensione dal lavoro del dipendente che non aveva comunicato la fruizione dei permessi ex Legge n. 104/1992 non può essere considerata alla stregua di una assenza ingiustificata. In tal caso, al lavoratore può essere contestata, al massimo, la mancata comunicazione circa la fruizione del permesso, con conseguente violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede. I permessi previsti dalla Legge n. 104/1992 non devono essere autorizzati dal datore di lavoro, infatti, e l’eventuale omissione della comunicazione della loro fruizione non può essere ritenuta analoga sul piano disciplinare all’assenza ingiustificata. Il licenziamento risulta, pertanto, illegittimo.
Cass. (ord.) 06/03/2025, n. 5611
Abuso dei permessi ex Legge n. 104/1992 se il familiare disabile è ricoverato in RSA
È escluso il diritto del lavoratore caregiver di fruire dei permessi ex Legge n. 104/1992 nel caso in cui il familiare disabile sia ricoverato, in maniera permanente, presso una RSA (residenza per persone anziane autosufficienti e non autosufficienti), in quanto tale struttura risulta del tutto assimilabile ad una struttura ospedaliera in cui è assicurata un’assistenza sanitaria continuativa (giorno e notte) da infermieri professionali, operatori sociosanitari, fisioterapisti e medici. Sulla base di tale assunto, è stato ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente che aveva utilizzato tre giorni di permesso per assistere il familiare disabile ricoverato presso una RSA con assistenza h 24/24.
Cass. (ord.) 06/03/2025 n. 5948
Licenziamento per giusta causa e segretezza della corrispondenza privata
Il messaggio inviato tramite un’applicazione di messaggistica istantanea (ad es. WhatsApp) sulla chat privata costituita tra colleghi riflette in modo inequivoco la volontà del mittente di escludere soggetti terzi dalla conoscenza del messaggio. La limitazione della chat su cui è inviato il messaggio ad un gruppo ristretto di persone soddisfa il requisito della segretezza della corrispondenza, che costituisce un diritto inviolabile tutelato dalla Costituzione (art. 15). Ne deriva che non può costituire giusta causa di licenziamento il messaggio vocale di un lavoratore con contenuti offensivi nei confronti del superiore gerarchico, se tale messaggio venga inviato in una chat riservata a un gruppo ristretto di alcuni colleghi di lavoro. Tale messaggio, infatti, costituisce corrispondenza privata e segreta, risultando irrilevante che uno dei partecipanti alla chat lo abbia trasmesso al datore di lavoro.
Cass. (ord.) 06/03/2025 n. 5936
Chiarimenti INPS sulle novità pensionistiche della Legge di Bilancio 2025
L’Inps ha fornito alcuni chiarimenti per l’applicazione delle disposizioni della c.d. “Legge di Bilancio 2025” (L. n. 207/2024) in materia pensionistica. Le materie oggetto dei chiarimenti sono: le conseguenze per i pubblici dipendenti della modifica dei limiti di accesso alla pensione di vecchiaia; la modifica della disciplina di coordinamento tra i contributi all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) per i dipendenti e quelli accreditati nelle gestioni dei lavoratori autonomi; l’estensione del meccanismo pensionistico della c.d. “opzione donna”; la pensione anticipata flessibile; la proroga dell’APE Sociale; l’incremento delle pensioni pari o inferiori al minimo Inps; l’incremento della riduzione massima del requisito anagrafico per accedere alla pensione contributiva per le lavoratrici madri con quattro o più figli.
INPS Circolare 05/03/2025 n. 53
Abuso dei permessi per l’assistenza al disabile punibile con licenziamento
I permessi previsti dalla legge (art. 33, L. n. 104/1992) per l’assistenza al familiare disabile si pongono in relazione causale diretta con quest’ultima. Ne consegue che il lavoratore che si avvalga dei permessi per attendere ad esigenze di natura diversa commette un abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che nei confronti dell’Inps. In applicazione di tale principio, è stato ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che aveva utilizzato tre giorni di permessi ex L. n. 104/1992, dedicando non più di mezz’ora di ciascuna delle giornate di permesso all’accudimento del familiare disabile e impiegando, invece, tutto il resto delle giornate in attività (uscite in barca a vela) incompatibili con la finalità dei permessi.
Cass. (ord.) 05/03/2025 n. 5906
Deducibilità del costo da lavoro dipendente degli amministratori della società
In tema di imposte sui redditi, vi è l’assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente e la carica di presidente del consiglio di amministrazione o di amministratore unico. Infatti, il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza, di direzione, di controllo e di disciplina della società rende impossibile l’esistenza di un vincolo di subordinazione che presidi il rapporto di lavoro. Ne deriva che, in tale ipotesi, il costo da lavoro dipendente non è deducibile dal reddito della società. Tale costo è, invece, deducibile con riferimento al socio amministratore che sia anche lavoratore dipendente della medesima società, purché si accerti che nell’ambito del rapporto di lavoro dipendente il socio amministratore svolge mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e che egli è assoggettato al vincolo di subordinazione gerarchica nei confronti dell’organo di amministrazione nella sua interezza, nonché al potere direttivo e disciplinare.
Cass. (ord.) 28/02/2025 n. 5318
Riforma dell’accertamento della disabilità
L’Inps ha fornito alcuni aggiornamenti in merito alle ulteriori novità introdotte nella riforma dell’accertamento della disabilità introdotte dal D.L. n. 202/2024, convertito dalla Legge n. 15/2025. La riforma entrerà in vigore dal 1° gennaio 2027, mentre la fase di sperimentazione, iniziata il 1° gennaio 2025, si concluderà il 31 dicembre 2026. In particolare, a decorrere dal 30 settembre 2025, le attività di sperimentazione sono estese alle province di Alessandria, Aosta, Genova, Isernia, Lecce, Macerata, Matera, Palermo, Teramo, Vicenza e Provincia Autonoma di Trento. Inoltre, l’elenco delle patologie interessate dalla sperimentazione dei nuovi criteri di valutazione di base è stato ampliato, includendo anche le disabilità connesse all’artrite reumatoide, alle cardiopatie, alle broncopatie e alle malattie oncologiche.
INPS, Messaggio 03/03/2025, n. 766
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