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"Nel part-time dei turnisti l’orario di lavoro va espressamente indicato nel contratto di assunzione."
Garante Privacy: il lavoratore ha diritto di accedere al fascicolo personale
Il Garante Privacy ha sanzionato una banca per non aver fornito, alla richiesta di accesso ai sensi dell’art. 15 del GDPR esercitata da un’ex dipendente, tutti i dati e le informazioni del proprio fascicolo personale, ivi incluse le informazioni in base alle quali era stata irrogata una sanzione disciplinare. Secondo il Garante Privacy, il lavoratore ha diritto di accedere ai dati personali conservati dal datore di lavoro a prescindere dal motivo della richiesta, mentre il datore di lavoro non può negare o limitare il diritto di accesso, ma deve fornire al lavoratore le informazioni richieste in una forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro.
Garante Privacy, Newsletter 03/05/2024 (ordinanza 07/03/2024 n. 137)
Illegittime le registrazioni occulte del lavoratore prive di finalità difensiva
La registrazione di nascosto delle conversazioni con dirigenti e colleghi è illegittima se manca una finalità difensiva. Tuttavia, il tardivo esercizio dell’azione disciplinare da parte del datore rende il licenziamento per giusta causa illegittimo. Nel caso specifico il lavoratore aveva effettuato due registrazioni in modo occulto, durante la visita con il medico di fiducia aziendale e nel corso del colloquio con un collega e un dirigente aziendale. La Cassazione ha confermato l’invalidità del licenziamento perché l’azione disciplinare era stata tardiva, ma ha escluso la reintegrazione nel posto di lavoro perché le registrazioni non erano supportate dalla necessità per il lavoratore di difendere l’esercizio di un proprio diritto. Essendo, dunque, le registrazioni prive di una base di legittimità, è stata confermata unicamente la condanna datoriale al versamento di 18 mensilità al lavoratore, mentre è stata esclusa la reintegrazione nel posto di lavoro.
Cass. (ord.) 07/05/2024 n. 12393
Discriminatorio il licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto
È stata confermata la nullità del licenziamento per superamento del periodo di comporto di un lavoratore affetto da patologia oncologica grave e cronica con limitazione della capacità lavorativa. Nel confermare la decisione di merito, la Suprema Corte ha ribadito che può costituire discriminazione indiretta l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto (in apparenza criterio neutro) al lavoratore disabile. Rispetto al disabile, infatti, il datore di lavoro è tenuto a considerare i rischi di maggiore morbilità e ad adottare – senza che ciò comporti, tuttavia, oneri finanziari spropositati – ogni ragionevole accomodamento organizzativo che permetta al lavoratore disabile il mantenimento di un lavoro in linea con la propria ridotta condizione psicofisica. In caso di superamento del periodo di comporto ordinario il datore di lavoro è, inoltre, tenuto a verificare se le ragioni delle assenze dipendano o meno dallo stato di disabilità (noto) del lavoratore, così da provare l’insussistenza della presunta discriminazione. In assenza di queste condizioni, il licenziamento è nullo per discriminazione indiretta collegata allo stato di disabilità del lavoratore licenziato.
Cass. 02/05/2024 n. 11731
Con i permessi 104 il lavoratore deve dimostrare la funzione assistenziale
Il permesso per l’assistenza del familiare disabile in situazione di gravita (c.d. “permessi ex L. n. 104/1992”) si pone in relazione causale diretta con l’intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione che deve essere garantito al disabile. Per tale ragione, l’assenza dal lavoro non può avere una funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal lavoratore per l’assistenza al disabile. Un tale utilizzo del permesso costituisce un abuso del diritto e viola i principi di buona fede e correttezza sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Inps. Alla luce di questi principi, il lavoratore, al quale venga contestato l’allontanamento dal luogo di residenza del familiare disabile durante le ore di permesso ex L. n. 104/1992, deve dimostrare che tale allontanamento fosse funzionale all’assistenza al disabile e, laddove tale prova non sia raggiunta, è legittimo il suo licenziamento per giusta causa.
Cass. (ord.) 03/05/2024 n. 11999
Chiarimenti Inps sulle domande per l’esonero contributivo a beneficio delle lavoratrici madri
L’Inps ha fornito ulteriori chiarimenti sulla gestione dell’esonero contributivo a beneficio delle lavoratrici madri con almeno tre figli. La norma (art. 1, commi 180-182, Legge 213/2023) prevede un esonero del cento per cento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri per il triennio 2024/2026 fino al compimento di 18 anni del figlio più piccolo (con il limite massimo annuo di €3.000). Per il solo 2024 l’esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici madri di due figli fino al compimento di 10 anni del figlio più piccolo. In particolare, i chiarimenti si concentrato sull’utilizzo da parte delle lavoratrici della nuova “utility esonero lavoratrici madri” presente sul sito Inps per la comunicazione dei dati di ciascun figlio in alternativa alla comunicazione al datore di lavoro.
INPS, Messaggio 06/05/2024 n. 1702
Chiarimenti Inps sull’accesso alla pensione “opzione donna”
Sono stati aggiornati i moduli per poter presentare la domanda di pensione “opzione donna”. Per effetto della Legge di bilancio 2024 (art. 1, comma 138, L. 213/2023) vi accedono le lavoratrici che hanno maturato almeno 61 anni di età e almeno 35 anni di contributi (entro il 31 dicembre 2023) e che, al momento della domanda, si trovano in una delle seguenti condizioni: (i) siano caregiver, (ii) abbiano riduzione di almeno il 74% della capacità lavorativa, (iii) siano dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di crisi ministeriale. L’Inps riepiloga, quindi, che il requisito anagrafico si riduce di un anno in presenza di un figlio e di due anni per chi ha due o più figli ed è sempre di 59 anni per le lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese in crisi.
INPS, Circolare 03/05/2024 n. 59
Sussiste sempre l’interesse ad agire per l’accertamento dell’omissione contributiva
Il lavoratore ha sempre l’interesse ad agire nei confronti del datore di lavoro per l’accertamento dei contributi omessi ma dovuti in ragione dell’effettivo lavoro svolto. Infatti, l’azione di accertamento dell’omissione contributiva tutela il diritto del lavoratore all’integrità della posizione contributiva che sorge direttamente dal contratto di lavoro. Pertanto, l’interesse ad agire da parte del lavoratore sussiste a prescindere dalla produzione di qualsivoglia danno sul piano della prestazione previdenziale (ad esempio, il mancato conseguimento della stessa) e senza che sia necessario integrare il contradditorio anche nei confronti dell’Inps.
Cass (ord.), 02/05/2024 n. 11730
Apprendistato stagionale valido anche in settori non correlati al titolo di studio
Nel caso di percorsi lavorativi con studenti titolari di un contratto di apprendistato – in dettaglio, l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore ex art. 43 del Testo Unico dei contratti di lavoro (D.Lgs. 81/2015) – il datore di lavoro deve verificare preliminarmente con l’Istituzione formativa che vi sia coerenza tra l’attività lavorativa e il titolo di studio. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che il “vincolo di coerenza” non si applica al contratto di apprendistato stagionale. In tal caso, l’attivazione dell’apprendistato può avvenire anche se l’attività lavorativa stagionale interviene in settori diversi da quelli cui si riferisce il percorso di istruzione seguito dallo studente. Per l’apprendistato stagionale va privilegiata l’acquisizione da parte dei giovani di competenze trasversali, organizzative e relazionali che, a prescindere dagli obiettivi formativi degli studenti, possono costituire un momento di più generale arricchimento del loro patrimonio di esperienze e conoscenze.
Ispettorato Nazionale del Lavoro, Nota 24/04/2024 n. 795
Valido l’accordo aziendale in deroga all’indennità risarcitoria dell’art. 18 dello Statuto die lavoratori
È valido l’accordo collettivo aziendale in cui si prevede che, ferma la reintegrazione nel posto di lavoro, l’indennizzo risarcitorio per licenziamento illegittimo è contenuto in misura compresa tra €500 e €1.500. La deroga alle norme di legge che disciplinano le conseguenze indennitarie del licenziamento illegittimo si giustifica, in tal caso, alla luce dell’impegno datoriale a non effettuare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo per un periodo di 12 mesi. Per effetto dell’accordo, che rientra nello schema degli accordi di prossimità ex art. 8 Legge 148/2011 (c.d. “Legge Sacconi”), il giudice è chiamato ad applicare l’indennizzo risarcitorio previsto nel testo contrattuale collettivo. Su tale presupposto è stata censurata la sentenza di merito che, in aggiunta all’ordine di reintegrazione a fronte dell’accertata illegittimità del licenziamento, aveva liquidato un indennizzo risarcitorio fino al limite massimo di 12 mensilità previsto dall’art. 18 Legge 300/1970.
Cass. (ord.) 16/04/2024 n. 10213
Busta paga non prova l’avvenuto pagamento della retribuzione
La prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione spetta al datore di lavoro. Tale onere può essere assolto tramite la produzione della busta paga, solamente laddove il lavoratore la abbia sottoscritta in segno di quietanza della somma ricevuta. In caso contrario, se il lavoratore contesti l’erogazione della retribuzione, o anche solo la corrispondenza delle somme indicate nel prospetto paga alla retribuzione effettivamente erogata, il datore di lavoro deve fornire la prova dell’avvenuto pagamento e del relativo ammontare.
Cass (ord.) 19/04/2024 n. 10663
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