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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia13 June 2024

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Sono valide le clausole contrattuali che collegano la formazione del lavoratore ad una durata minima del rapporto di lavoro."

Aggiornamento delle modalità di presentazione del rapporto biennale sulla parità di genere
Sono state definite nuove modalità per la redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile. Dopo l’aggiornamento dell’applicativo on line sul sito del Ministero del lavoro, dal 4 giugno è (finalmente) possibile presentare il rapporto biennale sulla cd. “parità di genere” per il biennio 2022-2023. Il rapporto può essere compilato, oltre che nella modalità tradizionale, anche attraverso l’importazione di un file excel precedentemente compilato con i dati sulla condizione retributiva e gli inquadramenti della popolazione aziendale. I datori di lavoro con livelli occupazionali superiori a 50 unità (con fotografia di questo dato al 31 dicembre 2023) hanno lo spazio temporale per la presentazione del rapporto biennale 2022-2023 tra il 4 giugno e il 15 luglio 2024 (in luogo della scadenza di legge fissata al 30 aprile). Entro la stessa scadenza del 15 luglio il rapporto sulla parità di genere deve essere trasmesso alla RSU e alle RSA, se presenti in azienda. È previsto che il datore possa adempiere alla presentazione del report per il biennio 2022-2023 copiando ed aggiornando il rapporto del precedente biennio. In presenza di rapporto biennale incompleto o mendace il datore è soggetto, tra l’altro, a sanzione amministrativa graduata da €1.000 a €5.000.
Decreto Ministero del Lavoro e Ministero per la Famiglia, 03/06/2024

Affermare di assumere donne over 40 dopo i “giri di boa” è discriminazione indiretta
Hanno contenuto indirettamente discriminatorio le dichiarazioni dell’amministratore delegato che afferma pubblicamente di assegnare le posizioni apicali in azienda alle lavoratrici donne solo di età sopra i 40 anni, in quanto solo al raggiungimento di questa soglia anagrafica le donne hanno superato diversi “giri di boa” (eventuali figli, matrimoni e separazioni) e sono disposte a lavorare “h24”. Tali dichiarazioni costituiscono una forma di discriminazione indiretta, in quanto possono avere l’effetto di dissuadere le lavoratrici dall’accedere o presentare candidature per le posizioni di vertice della società. Il datore di lavoro è stato, quindi, condannato al pagamento di un’indennità risarcitoria liquidata in via equitativa, nonché alla pubblicazione della sentenza su un quotidiano nazionale e a promuovere un piano di formazione in azienda rivolto a tutto il personale, con la finalità di promuovere l’abbandono dei pregiudizi legati a età, genere e carichi familiari nella selezione del personale dirigenziale.
Trib. Busto Arsizio, 04/06/2024

Ambiente lavorativo stressogeno e risarcimento dei danni
Il datore di lavoro è responsabile ex art. 2087 codice civile per l’ambiente stressogeno in cui operano i lavoratori, in quanto, alla luce delle conoscenze tecniche e dell’esperienza maturata rispetto agli ambienti lavorativi, la condizione di stress in cui possono operare i lavoratori costituisce fattore di rischio. In tal caso, se il dipendente sviluppa un pregiudizio all’integrità psico-fisica, la responsabilità datoriale ricorre anche senza che vi sia stato un intento persecutorio. Laddove venga accertata l’esistenza di un ambiente lavorativo stressogeno, la dannosità di tutte le condotte datoriali indicate dal lavoratore come vessatorie può sussistere anche in assenza dell’intento persecutorio e anche se le condotte denunciate siano apparentemente lecite o solo episodiche. Infatti, l’ambiente lavorativo stressogeno configura un fatto ingiusto in sé, che può arrecare un danno alla salute del lavoratore, facendo sorgere un correlativo diritto al risarcimento.
Cass. 07/06/2024 n. 15957

Le assenze per accesso al pronto soccorso sono escluse dal periodo di comporto
Le assenze dovute ad accessi al pronto soccorso non consumano il periodo massimo di malattia, se il CCNL esclude dal computo rilevante ai fini del comporto le assenze imputabili a una nozione ampia di ricovero, adoperando la formulazione secondo cui non devono essere conteggiate “le assenze dovute a ricovero ospedaliero, compreso il day hospital”. In tale ipotesi, è irrilevante ai fini del comporto la durata del tempo in cui il lavoratore è ricoverato presso una struttura sanitaria, anche se solo per una giornata o per una parte di essa, per essere sottoposto a indagini, cure e assistenza non eseguibili a domicilio. Ne consegue che è illegittimo il licenziamento per superamento del comporto laddove, se si escludono dal computo le assenze dovute ad accessi del lavoratore al pronto soccorso, il periodo massimo di malattia non risulti effettivamente consumato.
Cass., 06/06/2024 n. 15845

Dati del Telepass inutilizzabili per il licenziamento in assenza di informativa sulle modalità di controllo
È illegittimo il licenziamento disciplinare irrogato al dipendente sulla scorta di dati e informazioni acquisiti per mezzo del Telepass, in quanto il datore non lo aveva informato sulle modalità di utilizzo e le forme di controllo che, al fine di salvaguardare specifici interessi aziendali, il datore avrebbe potuto effettuare. Il Telepass ricade nella nozione di strumenti di lavoro per i quali, ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 3, Legge 300/1970, è previsto che il datore di lavoro rilasci ai dipendenti una adeguata informazione preventiva sulle modalità di controllo, la cui assenza impedisce di utilizzare le informazioni raccolte per la gestione del rapporto di lavoro. Né si può ritenere che il Telepass sia uno strumento di controllo difensivo che autorizza la raccolta delle informazioni per il sospetto sul compimento di comportamenti illeciti. Ne deriva l’inutilizzabilità delle informazioni raccolte ai fini disciplinari, con conseguente invalidità del licenziamento irrogato al lavoratore.
Cass. (ord.) 03/06/2024 n. 15391

Firmato il protocollo sullo smart working per i lavoratori frontalieri
Italia e Svizzera hanno sottoscritto un protocollo d’intesa in virtù del quale ai lavoratori frontalieri è consentito di svolgere fino al 25% della prestazione in smart working dal proprio domicilio, mantenendo inalterato lo status di “lavoratore oltreconfine” e il regime di tassazione del reddito di lavoro presso lo Stato in cui è costituito il rapporto. La disciplina del protocollo è operativa dal 1° gennaio 2024 in forza di una precedente dichiarazione d’intenti sottoscritta nel novembre 2023 dai due Stati per regolare l’esercizio dello smart working dei frontalieri, per tali intendendosi i lavoratori italiani e svizzeri che soddisfano le seguenti condizioni: sono fiscalmente residenti in un comune collocato in zona di 20 Km dal confine con l’altro Stato, svolgono attività di lavoro nell’altro Stato e rientrano quotidianamente al domicilio nello Stato di residenza.
Protocollo smart working Italia-Svizzera 06/06/2024

Trasferimento del dipendente pubblico in sede più vicina alla residenza del figlio
Il testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità prevede (D.lgs. n. 151/2001, all’art. 42-bis) il diritto del dipendente pubblico con figli di età non superiore a tre anni di chiedere il trasferimento (per un periodo non superiore a tre anni) a una sede di servizio vicina alla sua famiglia. Tuttavia, secondo la formulazione della norma il trasferimento può avvenire esclusivamente verso sedi che si trovino nella stessa provincia o regione in cui lavora l’altro genitore, anche se non coincidenti con la provincia o regione di residenza del nucleo familiare. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma e ha incluso le sedi ubicate nella provincia o regione in cui è fissata la residenza della famiglia (e, quindi, in cui è domiciliato il minore) tra quelle di possibile destinazione del dipendente che chieda di avvicinarsi al figlio.
Corte Costituzionale 05/06/2024 n. 99

Indennità risarcitoria per la somministrazione illegittima soggetta a tassazione separata
L’indennità risarcitoria onnicomprensiva (tra 2,5 e 12 mensilità, ex art. 39 D.Lgs. 81/2015) dovuta al lavoratore somministrato per il periodo di intervallo non lavorato ricompreso tra la cessazione dell’attività presso l’impresa utilizzatrice e la sentenza con la quale il giudice, accertata l’invalidità della somministrazione, ordina la costituzione del rapporto di lavoro alle dirette dipendenze dell’impresa utilizzatrice costituisce reddito di lavoro dipendente e deve essere tassata secondo la modalità separata. Poiché funzione dell’indennità è di ristorate per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, la somma riconosciuta al lavoratore per l’illegittimo ricorso alla somministrazione ex art. 39, D.Lgs. 81/2015 deve essere qualificata come risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente. Inoltre, la predetta indennità risarcitoria è soggetta agli obblighi fiscali secondo il regime di tassazione separata di cui all’art. 17, comma 1, lett. b), del Tuir (generalmente applicabile sulle retribuzioni per prestazioni di lavoro riferibili agli anni precedenti spettanti, tra l’altro, in forza di sentenza).
Agenzia delle Entrate, Risposta ad interpello n. 130/2024

Indicazioni operative per l’accesso alla pensione “opzione donna”
L’Inps ha fornito le indicazioni operative per la liquidazione della pensione anticipata cd. “opzione donna”, prorogata al 31 dicembre 2023 dall’ultima Legge di bilancio. A tale proposito, possono accedere al regime di pensione “opzione donna” le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 61 anni. L’età può essere ridotta fino a 59 anni in presenza di due o più figli, oppure a 60 anni in presenza di un solo figlio. Per beneficiare della pensione anticipata, inoltre, le lavoratrici devono versare in una delle seguenti condizioni: essere caregiver, avere una invalidità non inferiore al 74% o essere state licenziate da imprese in crisi.
INPS, Messaggio 06/06/2024 n. 2150

Recesso ante tempus dal contratto di apprendistato e diritto alla restituzione dei giorni di formazione
È valida la clausola di “durata minima” del contratto di apprendistato per cui, in caso di recesso anticipato del lavoratore durante il periodo formativo, il datore di lavoro trattiene una somma pari alla retribuzione per ogni giornata di formazione. Se le parti hanno convenuto un periodo minimo di durata dell’apprendistato, le dimissioni anticipate del lavoratore legittimano il datore a recuperare le retribuzioni versate al dipendente per i giorni in cui è stata effettivamente impartita la formazione. A tal fine, è irrilevante che la formazione sia stata resa durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, perché l’apprendimento può anche essere assolto “on the job” e non è limitato a quello svolto “in aula”. La validità del patto di stabilità si giustifica con il dispendio economico che il datore di lavoro sopporta per la formazione del dipendente assunto in apprendistato.
Trib. Roma 09/02/2024 n. 1646

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