< Back to insights hub

Article

Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia29 August 2024

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Lo svolgimento della prestazione in regime di smart working presuppone un accordo scritto tra lavoratore e datore di lavoro."

Il diritto alla pensione di reversibilità del partner convivente omosessuale e del figlio nato all’estero da maternità surrogata
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con ordinanza di rimessione, ha chiesto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite per la risoluzione delle seguenti questioni di primaria importanza “contraddistinte da profili di spiccata peculiarità”:
(i) se possa essere riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità al partner superstite di una coppia affettiva stabile di cittadini italiani omosessuali, laddove la suddetta coppia abbia contratto matrimonio all’estero (New York), poi trascritto in Italia come unione civile (legge n. 76/2016) ma successivamente al decesso dell’altro partner;
(ii) se possa essere riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità al figlio nato all’estero (Stati Uniti), con fecondazione assistita, la cui paternità del “genitore intenzionale” è stata accertata con sentenza straniera (statunitense), poi trascritta in Italia unitamente all’atto di nascita estero (statunitense);
(iii) se possa essere attivato il giudizio antidiscriminatorio di cui all’art. 28, D.Lgs. n. 150/2011 contro il rifiuto dell’INPS all’erogazione del trattamento previdenziale (nel caso oggetto di giudizio, la pensione di reversibilità) in applicazione della normativa nazionale.
Cass. (ord.) 21/08/2024 n. 22992

Obbligo di presentare la DID per ricevere l’indennità di disoccupazione
L’indennità di disoccupazione (NASpI) non può essere concessa senza la presentazione della Dichiarazione di Immediata Disponibilità (DID) al lavoro. All’effettività dello stato di disoccupazione si deve affiancare la disponibilità a svolgere un’attività lavorativa, a prescindere dalla praticabilità delle offerte proposte, nel frattempo, dai centri per l’impiego. La Corte di Cassazione ha, quindi, accolto il ricorso dell’Inps che aveva posticipato l’erogazione dell’indennità di disoccupazione al momento della presentazione della DID da parte del lavoratore inoccupato, applicando così correttamente le disposizioni di legge.
Cass. (ord.) 21/08/2024 n. 22993

Il mobbing può integrare il reato di stalking
Integra il reato di c.d. stalking la condotta del datore di lavoro che si concretizzi in molteplici atteggiamenti ostili verso il lavoratore, preordinati alla sua mortificazione e al suo isolamento lavorativo e tali da intaccare la sua libera autodeterminazione. Tali condotte integrano l’ipotesi di reato se si realizzano le condizioni previste dal codice penale (art. 612 bis). Queste condizioni si verificano se la condotta datoriale generi nel lavoratore un perdurante e grave stato di ansia e di paura o, in alternativa, un fondato timore per la propria incolumità o, ancora, se essa costringa il lavoratore ad alterare le proprie abitudini di vita.
Cass. 21/08/2024 n. 32770

Licenziamento disciplinare per utilizzo improprio dei permessi sindacali
Il datore di lavoro non può opporsi alla fruizione dei permessi sindacali, poiché essi sono posti a tutela di interessi collettivi dei lavoratori e si configurano come un diritto potestativo del lavoratore sindacalista. Tale assetto normativo non impedisce, tuttavia, al datore di lavoro di verificare, anche mediate il ricorso ad agenzie investigative, se il lavoratore utilizzi effettivamente i permessi sindacali per le finalità loro proprie. Nell’ipotesi in cui emerga che il lavoratore ha utilizzato i permessi per finalità estranee a quelle sindacali, egli può essere legittimamente licenziato per giusta causa, poiché il suo comportamento determina, da un lato, una grave violazione degli interessi collettivi dei colleghi e, d’altro lato, la sua inaffidabilità circa il futuro corretto utilizzo dei permessi sindacali, aggravata dall’impossibilità, per il datore di lavoro, di negarne la fruizione.
Cass. (ord.) 26/07/2024 n. 20979

Licenziamento del direttore generale di banca per condotte inadeguate
È legittimo il licenziamento per giusta causa del direttore generale di una banca per aver violato gli obblighi di organizzazione e di controllo delle procedure per la concessione dei crediti in quanto oggetto della propria prestazione di lavoro. La Cassazione ha, quindi, confermato che la giusta causa di licenziamento del dirigente non riguardava il mancato raggiungimento dei risultati connessi con la qualifica di direttore generale ma bensì l’addebito di fatti specifici idonei a ledere il rapporto fiduciario e che costituivano un inadempimento contrattuale (quali le gravi carenze nella gestione del credito e nella definizione del sistema dei controlli interni, nonché l’inadeguatezza delle azioni dirette al recupero dei crediti). La giusta causa di licenziamento del dirigente consiste in un fatto che, valutato in concreto, risulta lesivo del rapporto fiduciario ed esonera il datore di lavoro dall’obbligo del preavviso o dal pagamento dell’indennità sostitutiva e non coincide con la “giustificatezza” che, invece, esonera il datore di lavoro dall’obbligo di corrispondere l’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva.
Cass. (ord.) 22/08/2024 n. 23031

Nullità del termine apposto al contratto e restituzione della NASpI
Le Sezioni Unite della Cassazione dovranno pronunciarsi sull’esistenza dell’obbligo del lavoratore di restituire all’Inps la NASpI percepita per la cessazione del rapporto di lavoro a termine, nel caso in cui intervenga una successiva sentenza di conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale attualmente prevalente, nell’ipotesi sopra descritta il lavoratore è obbligato a restituire all’Inps gli importi percepiti, in quanto la sentenza di nullità del termine farebbe venire meno la condizione di disoccupazione che legittima la percezione della NASpI. Secondo l’indirizzo contrario espresso dalla Cassazione, la restituzione non è dovuta, in quanto la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato non farebbe venire meno lo stato di involontaria disoccupazione in cui si è trovato il lavoratore tra la cessazione del rapporto a termine e la sentenza di conversione a tempo indeterminato. Su tale presupposto riposa la richiesta della Cassazione di intervento delle Sezioni Unite.
Cass. (ord.) 21/08/2024 n. 22985

Licenziamento collettivo per i lavoratori non riassunti nel cambio appalto
Nell’ipotesi in cui, nell’ambito del cambio d’appalto, l’impresa che subentra non riassuma i lavoratori impiegati nell’appalto dall’impresa uscente, quest’ultima è obbligata ad avviare la procedura di licenziamento collettivo se intende licenziare 5 o più dei suddetti lavoratori nell’arco di 120 giorni. In applicazione di tale principio, il lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015 e licenziato nell’ambito del cambio dell’appalto, insieme ad almeno altri 4 colleghi senza la previa apertura della procedura di licenziamento collettivo, ha diritto a un’indennità risarcitoria per l’illegittimità del licenziamento da parte dell’impresa uscente dall’appalto.
Corte d’Appello Milano 13/06/2024 n. 382

Classificazione redditi da strumenti partecipativi di dipendenti e amministratori
La legge (art. 60, comma 1, D.L. n. 50/2017) stabilisce che i proventi derivati da strumenti partecipativi in società, enti o organismi di investimento collettivo, percepiti dai loro dipendenti e amministratori si considerano redditi finanziari e non redditi da lavoro solamente se sussistono tutti gli specifici presupposti previsti dalla medesima legge (art. 60, comma 1, lett. a), b) e c)). L’assenza di un solo presupposto legale non comporta l’automatica classificazione dei suddetti proventi quali redditi da lavoro, ma impone una verifica della situazione concreta volta ad accertare se i dipendenti (o amministratori) detentori degli strumenti partecipativi si trovino nelle medesime condizioni degli altri investitori rispetto (i) all’interesse a ottenere un provento dall’investimento in tali strumenti e (ii) al rischio di perdita del capitale investito. Se la posizione dei dipendenti e amministratori è assimilabile a quella degli altri investitori, i proventi costituiscono redditi finanziari; in caso contrario, essi costituiscono redditi da lavoro dipendente.
Agenzia delle Entrate, Risposta a Interpello n. 166/2024

Dimissioni per giusta causa e NASpI
Ha diritto alla NASpI il lavoratore che si dimetta per giusta causa in ragione del suo manifesto inquadramento in un livello inferiore rispetto a quello nel quale rientrano le mansioni a lui attribuite. In tale ipotesi, si verifica il presupposto che dà diritto alla NASpI, consistente nella perdita involontaria dell’occupazione da parte del lavoratore. Il diritto alla NASpI non viene meno neppure se il lavoratore sottoscrive con l’ex datore di lavoro un accordo di conciliazione, con il quale quest’ultimo s’impegna a versare al lavoratore medesimo un importo economico per la cessazione del rapporto di lavoro, posto che un tale accordo non esclude la giusta causa delle dimissioni.
Trib. Milano 24/04/2024 n. 2195

< Back to insights hub