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"Il datore può rifiutare il trasferimento di sede richiesto dal disabile solo in mancanza di idonee soluzioni organizzative."
Avviata la terza edizione del Fondo Nuove Competenze
È stato pubblicato il decreto del Ministero del lavoro di concerto con il MEF che avvia la terza edizione del Fondo Nuove Competenze (denominato “Competenze per l’innovazione”). Sono messi a disposizione 730 milioni per finanziare progetti di formazione e riqualificazione delle competenze al fine di accompagnare le imprese private (incluse le società a partecipazione pubblica) nel percorso di transizione energetica e digitale. La novità principale di questa edizione risiede nel coinvolgimento dei giovani neoassunti e dei disoccupati preselezionati per nuove opportunità di lavoro. Altra novità è costituita dalla introduzione dei “voucher formativi per l’innovazione”, che potranno essere particolarmente utili per le piccole imprese che necessitano di flessibilità e rapidità nell’attivazione dei percorsi formativi. Il processo di attivazione del Fondo presuppone, come nelle precedenti edizioni, che le imprese abbiamo firmato accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro finalizzati alla partecipazione dei lavoratori ai percorsi di accrescimento delle competenze. Nell’accordo collettivo andranno indicati i progetti formativi, il numero dei lavoratori coinvolti e il numero di ore dell’orario di lavoro destinate allo sviluppo di competenze. Il piano formativo con specificazione dei fabbisogni (tra cui sistemi digitali e intelligenza artificiale, sostenibilità e impatto ambientale) dovrà essere allegato agli accordi collettivi. Il Fondo finanzia il 60% della retribuzione (con specifiche eccezioni di finanziamento all’80% o 100%) e il 100% dei contributi previdenziali e assistenziali delle ore destinate alla formazione. Sono previsti contributi addizionali se la formazione si interseca con l’assunzione di disoccupati.
Decreto interministeriale 10/10/2024, pubblicato in data 26/11/2024
Garante Privacy censura le piattaforme digitali per valutare la prestazione dei ciclofattorini
Il Garante per la protezione dei dati personali ha censurato l’utilizzo della piattaforma digitale di una società del food delivery per violazione di specifiche misure attinenti ai sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati di gestione del personale, sia sotto il profilo del trattamento dati personali (come da Regolamento Europeo n. 679/2016 GDPR), sia della disciplina informativa prevista dall’art. 1-bis, D.lgs. n. 152/1997 (introdotto dal cd. “Decreto Trasparenza”). Tra le contestazioni del Garante spiccano le seguenti: (i) la disattivazione automatica del ciclofattorino dalla piattaforma attraverso l’invio di un unico messaggio standard in automatico, in quanto questa modalità impedisce al lavoratore di contestare la decisione di bloccare l’account e di chiedere il suo ripristino; (ii) il meccanismo automatico attraverso cui la piattaforma misura la prestazione dei ciclofattorini, attribuendo un punteggio di prenotazione con priorità sui turni di lavoro e sulle consegne, in quanto non è assicurato l’intervento umano rispetto agli output generati dall’algoritmo. In tal modo, al ciclofattorino non è consentito di effettuare una verifica e di poter, quindi, contestare il punteggio assegnato dal sistema. Il Garante ha ordinato alla società di effettuare una verifica periodica sull’accuratezza degli output generati dalla piattaforma digitale e imposto di individuare misure volte ad evitare un utilizzo improprio e discriminatorio dei meccanismi reputazionali. È stata irrogata una sanzione di cinque milioni.
Garante Privacy, Provvedimento 21/11/2024 n. 675
Recesso per giusta causa dalla collaborazione sportiva e diritto di critica
Tutti i lavoratori, inclusi i collaboratori sportivi, possono legittimamente esercitare il diritto costituzionalmente tutelato alla critica, purché lo facciano nel rispetto dei limiti scolpiti in un granitico insegnamento: la veridicità dei fatti, la continenza formale nell’esposizione (ovvero l’uso di modalità di comunicazione conformi ai canoni di correttezza, misura e moderazione espressiva) e, infine, l’interesse pubblico alla critica. Da tale principio deriva l’illegittimità del recesso per giusta causa dal contratto di collaborazione sportiva a termine motivato dal rilascio, da parte del collaboratore, di un’intervista a un quotidiano sportivo che, seppur critico nei confronti del football club di Serie A di appartenenza, rispetti i suddetti limiti. In tale ipotesi, il collaboratore ha diritto a tutti i compensi, inclusi quelli variabili e quelli imputabili a benefits in natura, che avrebbe percepito se il rapporto si fosse protratto fino alla naturale scadenza della collaborazione. Sono, tuttavia, da dedurre gli importi che il collaboratore del football club abbia, nel frattempo, percepito dalla sua nuova occupazione.
Cass. (ord.) 21/11/2024 n. 30087
Trasferimento di sede del disabile e accomodamenti ragionevoli
Il datore di lavoro non può licenziare il dipendente disabile per il rifiuto di riprendere servizio nella sede di competenza, se tale rientro è pregiudizievole rispetto alla propria condizione di handicap e il datore non ha prima verificato l’opzione di una differente soluzione organizzativa. Se il lavoratore versa, infatti, in una condizione di handicap in situazione di gravità, il datore non può imporre il rientro in servizio nella stessa sede aziendale, ma deve prima verificare lo spazio per “accomodamenti ragionevoli” che consentano al dipendente di riprendere il posto di lavoro in un’altra sede più vicina alle esigenze di cura e assistenza. Per accomodamenti ragionevoli si intendono le modifiche e gli adattamenti sul piano organizzativo che “non impongono un onere sproporzionato o eccessivo”. Entro questi limiti al datore di lavoro è richiesto di valutare soluzioni ragionevoli che consentano al lavoratore disabile la prosecuzione del rapporto in una diversa sede di lavoro. Il licenziamento irrogato per assenza ingiustificata al lavoratore che ha rifiutato il rientro nella sede di assegnazione senza che il datore abbia verificato gli accomodamenti ragionevoli costituisce una condotta discriminatoria affetta da nullità.
Cass. (ord.) 21/11/2024 n. 30080
Reintegrazione per mancato assolvimento dell’onere della prova sul repêchage
L’impossibilità di ricollocare il lavoratore in un’altra posizione vacante con mansioni uguali o analoghe a quelle svolte durante tutto il rapporto di lavoro, a prescindere dal livello di inquadramento formalmente assegnato al momento del licenziamento, rientra necessariamente tra i fatti che devono presidiare il licenziamento. In applicazione di questo principio, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo e il lavoratore deve essere reintegrato anche se il datore di lavoro ha provato in giudizio di non aver assunto nell’anno successivo al licenziamento alcun lavoratore con il medesimo livello d’inquadramento del lavoratore licenziato. L’elemento dirimente non è, infatti, il livello formalmente attribuito ai neoassunti, ma le mansioni da essi in concreto esercitate. Pertanto, se queste mansioni sono analoghe a quelle del lavoratore licenziato il recesso datoriale risulta fondato su una giustificazione insussistente.
Cass. (ord.) 20/11/2024 n. 29914
Elementi qualificanti del mobbing nei rapporti di lavoro
Il mobbing si caratterizza per la presenza di una pluralità di condotte che sono finalizzate alla espulsione del lavoratore dal contesto aziendale, inducendo nella vittima uno stato di compromissione della salute sul piano psico-fisico. Tali condotte possono anche consistere in azioni legittime, se singolarmente considerate (es. azioni disciplinari, mutamento di mansioni, trasferimenti, cambio turni, etc.), ma che nella loro valutazione complessiva disvelano una finalità vessatoria. L’onere della prova del mobbing ricade sul lavoratore, che non può limitarsi ad allegare l’inadempimento del datore di lavoro e provare il danno e il nesso causale, ma deve dimostrare anche la sussistenza dell’intento persecutorio. Proprio il fatto che le singole azioni possano essere legittime, in sé considerate, porta a connotare la finalità persecutoria di particolare rilevanza ai fini dell’insorgenza del mobbing, la cui dimostrazione comporta a carico datoriale una responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ. per i danni sofferti dalla vittima.
Cass. 14/11/2024 n. 29400
Legittimo il licenziamento per uso arbitrario dei permessi sindacali retribuiti
È illegittima la fruizione di permessi sindacali retribuiti per soddisfare esigenze prettamente personali e familiari. Deve essere confermato, quindi, il licenziamento irrogato al dirigente sindacale di cui il datore di lavoro aveva accertato attraverso una indagine investigativa che i permessi sindacali ex art. 30 Statuto dei Lavoratori erano stati utilizzati per accompagnare il figlio alle selezioni per l’arruolamento nelle Forze Armate. L’utilizzo dei permessi sindacali retribuiti per finalità esclusivamente personali riveste una particolare gravità sul piano disciplinare, in quanto essi sono attribuiti al dipendente per la tutela di interessi collettivi dei lavoratori. Non si può ricondurre la fattispecie nella mera assenza ingiustificata, perché ad essa si accompagna l’uso arbitrario dei permessi sindacali retribuiti per finalità meramente private. Il licenziamento per giusta causa è, pertanto, una sanzione proporzionata alla gravità del comportamento del funzionario sindacale.
Cass. (ord.) 12/11/2024 n. 29135
Intervento ministeriale sul Sistema informativo per l’inclusione sociale
Il Ministero del Lavoro ha arricchito la versione 2.0 del Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl) di nuove prerogative e funzioni pensate per l’incrocio della domanda e dell’offerta di lavoro. È prevista la possibilità di consentire la stipula da remoto del Patto personalizzato di servizio (Psp), necessario per accedere alle indennità di disoccupazione e alle misure di contrasto della povertà, evitando il passaggio fisico (finora obbligatorio) presso i centri per l’impiego. È anche prevista la pubblicazione delle percentuali di assunzione dei lavoratori formati dagli enti accreditati a distanza di sei mesi dal completamento del percorso formativo, in modo da restituire un dato più preciso e attendibile sull’efficacia di questo strumento di politiche attive.
Decreto Ministeriale (Min. Lavoro) 24/11/2024 n. 174
Licenziamento per riduzione di posizioni fungibili e mancata applicazione dei criteri di scelta
È illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo adottato nei confronti di un lavoratore addetto a prestazioni fungibili con altri dipendenti, se il datore non ha applicato i criteri di scelta nella determinazione del dipendente in esubero. Non è sufficiente la generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile per giustificare il licenziamento di uno specifico lavoratore, in quanto la scelta del dipendente in esubero non è completamente libera, ma occorre attenersi ai principi di correttezza e buona fede nella gestione del rapporto ed evitare atti di discriminazione. In forza di questi principi, in presenza di più lavoratori addetti a mansioni in esubero, il datore deve applicare, in via analogica, i criteri di scelta legali previsti per le procedure di licenziamento collettivo (art. 5, Legge 223/1991) per determinare nei confronti di quale singolo lavoratore intimare il licenziamento riconducibile ad una esigenza di riduzione di personale omogeneo. La mancata applicazione dei criteri di scelta comporta la illegittimità del licenziamento, con reintegrazione in servizio del dipendente e versamento di un indennizzo risarcitorio in misura pari all’intervallo non lavorato (fino ad un massimo di dodici mensilità, dedotto l’eventuale “aliunde perceptum”).
Trib. Nola, Giudice F. Di Palma, 03/10/2024
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